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1. Definizione

La n. è il resoconto giornalistico di un fatto o avvenimento ritenuto degno di essere portato a conoscenza di un pubblico. Si tratta di una definizione generale per una materia i cui contorni sono di assai difficile e complessa individuazione. Piace, a questo proposito, ricordare la definizione di n. – per certi versi ancora più generale – come "oggetto fondamentale del lavoro giornalistico" (Papuzzi, 1998). Essa rinvia alla n. come elemento dinamico di ricerca e di divulgazione, fattori che costituiscono il dovere fondamentale del giornalista. È lui infatti ad avere il compito di cercare i fatti, di scandagliarli, sondarli, approfondirli; rivolgersi alle fonti, valutarne l’importanza e la credibilità, fino a quando – al termine della sua analisi – compie la scelta di conferire o meno la dignità di n. a un fatto o a un avvenimento.
Dalla definizione di partenza possiamo evidenziare due concetti fondamentali: da un lato il fatto o avvenimento, dall’altro il pubblico. Sono i due poli intorno ai quali ruota il concetto stesso di n. e che aprono una serie indefinita di problemi.

2. Dalla parte dei fatti

I fatti sono l’oggetto da cui può scaturire la n. Questa non può derivare da qualcosa che non è o che è meramente virtuale o inventato. La n. – è evidente – non può essere falsa perché ciò ne contraddirebbe la stessa definizione. Bisogna poi ricordare che non tutti i fatti ‘fanno’ o diventano n. Il compito del giornalista è proprio quello di indagare se un fatto ‘fa o non fa n.’. E ciò lo si può evincere anche da alcuni parametri definiti criteri di notiziabilità. Per comodità ricordiamo che i parametri più usati sono: l’attualità del fatto, il suo pubblico interesse, la vicinanza geografica dell’avvenimento, la sua inusualità e la rilevanza politico-istituzionale dei suoi protagonisti. La lettura di questi parametri non deve farci dimenticare che la n. è il resoconto di un fatto. Allontanare la n. dai fatti è un errore madornale. Nascono allora le ‘pseudo-notizie’, cioè gli eventi originariamente concepiti e provocati per diventare n. ed essere diffusi come tali dai mass media (Media event). È il gesto di chi vuole veicolare, attraverso i media, un messaggio diverso dalla pura realtà dei fatti. Un altro rischio è quello della omologazione: avviene quando non è più il fatto a generare la n. ma è la n. che genera il fatto. È ciò che accade con il predominio delle grandi agenzie di informazione: le notizie rincorrono se stesse per accontentare un pubblico ideale e il giornalista è ridotto al rango di un impiegato dell’informazione, capace soltanto di ‘rimasticare’ ciò che i grandi flussi mondiali di informazione diffondono automaticamente. È la fine del giornalismo ‘sul campo’: le notizie producono soltanto se stesse, i fatti diventano sempre più lontani. Vale per tutti il monito del Card. Martini: "Il pericolo è reale. L’allontanamento dalle fonti, e quindi dal mestiere proprio del giornalista, aumenterà il distacco tra chi scrive e la realtà. Il giornalista diventerà sempre di più una sorta di tecnico specializzato: da giornalista informatore a giornalista adibito al trattamento dell’informazione, a giornalista-tipografo". È altresì sbagliato tracciare una linea di stretta identificazione tra la n. e i fatti. Alberto Cavallari ha proposto di alimentare una vera e propria ‘cultura della n.’. Cioè qualche cosa che "non èletteratura, arte, religione, musica, scienze, interpretazione e rappresentazione del mondo; ma specifica informazione relativa al mondo, alla sua geografia, alla sua letteratura, alle sue religioni, alle sue scienze, alle sue guerre, alle sue culture". Una definizione che spiega una semplice, ma importante verità: la n. non è la realtà, ma è la realtà raccontata agli altri.

3. Dalla parte dei lettori

La n. è tale se ha la capacità di rivolgersi a un pubblico per informarlo. E una n. informa se è capace di ‘cambiarlo’. Informare è infatti un verbo che significa ‘mettere al corrente, avvertire’. Ma è anche una espressione che vuol dire ‘dare forma, modellare’. È l’accezione aristotelica del termine: in-formare come atto del formare o del formarsi (Informazione giornalistica). Il giornalista deve sapere che con il suo lavoro offre ai lettori la possibilità di acquisire una coscienza nuova che cambia la visione della realtà rispetto a come era prima che la n. fosse data. Una n. cambia o può cambiare la vita di chi la riceve. Il fatto che la figlia della vicina si sposi con il nipote del lattaio, può farci piacere ma non ci cambia la vita (e infatti non è ritenuta una n. giornalistica). Ma una indagine del Censis che denunci il crollo dei matrimoni in favore della convivenza di fatto è una n. che può lasciarmi indifferente o che può cambiarmi l’esistenza (si pensi al sacerdote impegnato nella pastorale familiare o, più prosaicamente, al produttore di abiti da sposa). Per queste ragioni il giornalista deve avere un riguardo estremo per i suoi lettori. Partendo da una considerazione: la n. nasce – e in qualche caso prende forma – in considerazione di determinati lettori. Ne consegue che il giornalista deve conoscere bene il target di riferimento, le sue aspettative, le sue qualità, in modo che la n. non sia soltanto dalla parte dei fatti, ma anche dalla parte dei suoi lettori. Alcuni esempi: si pensi a come cambia il concetto di attualità per il lettore di un quotidiano o di un settimanale. O come cambia il concetto di pubblico interesse: il lettore del mensile dei cacciatori troverà di notevole interesse il fatto che aumenti la tassa sul porto d’armi, una n. che nei quotidiani è relegata nelle brevi o addirittura ignorata. Si pensi ancora a come cambia il concetto di vicinanza geografica: una cinica legge del giornalismo impone che faccia più notizia un ammalato di colera a Napoli che cento morti di lebbra in India. Ma non è soltanto ai criteri di notiziabilità che ci dobbiamo riferire quando invochiamo che la n. rispetti i suoi lettori. Esistono altre norme sostanziali che oggi sono catalogate in numerose carte dei doveri e di deontologia professionale (Carta dei doveri; Carta di Delfi; Carta di Treviso). Dal punto di vista più generale la n. dovrebbe essere resa sempre con linguaggio efficace e accessibile a tutti. In proposito Lenzi suggerisce tre regole:
1) l’umanizzazione: la n. deve coinvolgere il lettore della vicenda, deve renderlo protagonista, deve toccare le corde umane che lo rendono simile ai protagonisti della storia che racconta e quindi suscettibile delle loro stesse situazioni;
2) la volgarizzazione: il linguaggio deve essere chiaro, privo di parole difficili o incomprensibili, sintetico, ricco di immagini e note di colore che non trasfigurino la realtà sostanziale dei fatti. Una tentazione da evitare è quella di raccontare la n. con un linguaggio da iniziati. È quello che accade spesso nell’informazione politica che, da un lato, sembra rivolgersi erga omnes, dall’altro è diretta solo ai politici, quindi esclusivamente a poche persone;
3) l’autorevolezza: la n. deve lasciare evidenziare l’autonomia di giudizio di chi l’ha scritta, la sua credibilità, la sua buona fede, il suo essere immune da interessi condizionanti e negativi.

4. Sintassi della n.

Al di là delle riflessioni di teoria generale, la n. è puramente e semplicemente "la parte essenziale di qualsiasi giornale" (Eilers) o la "cellula costitutiva del giornale" (Trasatti). La n. diventa così un testo scritto, parlato o filmato destinato alla lettura (nei giornali) o alla visione e all’ascolto (nei radio-telegiornali). Una antica e sempre attuale regola del giornalismo anglosassone impone che la n. venga scritta in modo da contenere nelle primissime righe tutti i suoi elementi essenziali. È la regola delle ‘5 W’. Nella lingua inglese, infatti, iniziano con quella lettera le 5 domande alle quali bisogna rispondere per rendere l’intera n.: Who? What? Where? When? Why? In italiano: Chi? (il soggetto della n.), Che cosa? (il suo oggetto o contenuto), Dove? (il luogo dell’accadimento), Quando? (il suo riferimento temporale), Perché? (i motivi del fatto e le conseguenze che ne possono derivare). In questi interrogativi manca una domanda e cioè: Come? È la domanda che introduce l’aspetto descrittivo dei fatti. Qualcuno, celiando, ha ritenuto che non fosse nell’elenco solo perché in inglese la domanda non inizia con ‘W’. In realtà la sua esclusione è dovuta al fatto che l’elemento descrittivo è già ritenuto un elemento di approfondimento della scrittura della n. È la regola della ‘piramide rovesciata’ che colloca il ‘Come’ nel posto meno alto della gerarchia. Questa regola prevede che un testo vada scritto partendo dalle cose più importanti, aggiungendo solo in seguito i particolari, i dettagli e gli approfondimenti secondo un ordine di importanza decrescente. Ciò consente al lettore frettoloso di acquisire gli elementi più importanti leggendo le prime righe, e all’impaginatore zelante di tagliare il testo ‘in coda’ avendo la necessità di recuperare spazi. In verità anche nelle fondamentali ‘5 W’ può essere individuato un ordine di importanza (‘principio di prevalenza’).
Facciamo alcuni esempi, considerando alcuni lead, cioè solo la prima o le prime righe di una notizia.
– "Hanno sparato al Papa"; "L’Onorevole Moro è stato rapito dalle Brigate Rosse"; "Arrestato Enzo Tortora. È accusato di collusioni con la camorra". In questi tre esempi l’elemento fondamentale è il ‘Chi?’, cioè il soggetto della n. Questa avrebbe avuto un peso diverso se il suo protagonista non fosse stato rispettivamente il capo della Chiesa cattolica, uno statista italiano noto e amato, un presentatore televisivo popolarissimo.
– "Strage dell’IRA a Belfast. Morte otto persone"; "Sequestro di persona nella Locride. Rapito il figlio di un imprenditore milanese"; "Campioni del Mondo". In questi casi la n. è il suo oggetto, ovvero il ‘Che cosa’; l’evento in sé. Il primo esempio ci parla di una strage, il secondo di un sequestro di persona. Il terzo è il titolo che uscì sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport nell’estate dell’1982, quando la nazionale italiana di calcio vinse per la terza volta il titolo di Campione del Mondo: un grande titolo e una foto bastarono a esprimere che la n., per l’appunto, era riassumibile in quella sola espressione.
– "Il Papa è arrivato a Cuba"; "Il cadavere di Moro è stato ritrovato in una strada tra piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure"; "Arriva in Tv il film La Vita è bella di Roberto Benigni". In questi esempi prevale il ‘Dove?’. L’interesse del lettore è cioè attratto dal luogo fisico in cui è avvenuto un fatto o dal canale televisivo in cui sarà trasmesso un film di successo.
– "Giallo sulla liberazione di Farouk Kassam: prima o dopo l’annuncio del Tg?"; "Dopo vent’anni un italiano trionfa al Tour de France"; "Trapiantato per la prima volta un cuore artificiale". Tipici casi in cui prevale l’interesse temporale, il ‘Quando’. Così impostate le notizie pongono l’accento sulle priorità temporali di un evento, sulla sua frequenza nel tempo o sul fatto che esso sia avvenuto per la prima volta.
– "L’Italia brucia per mano dei piromani"; "La pista bulgara dietro l’attentato al Papa"; "Suicida per amore". Dietro queste n. c’è la prevalenza del ‘Perché?’, cioè delle ragioni per il quale un fatto avviene o è avvenuto. L’esempio della pista bulgara sull’attentato al Papa deve farci riflettere sul fatto che la n. ha un ciclo vitale che varia da caso a caso: un incidente stradale può interessare anche solo per 24 ore. L’attentato al Papa può produrre i suoi effetti giornalistici nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni. In questa logica evolutiva, spesso la n. riemerge con il suo carico di ‘perché?’. La stessa logica può rivalutare il ‘Come?’, nonostante il suo rilievo esplicativo la faccia considerare come secondario nella costruzione della n. L’interrogativo ‘Come?’ assurge addirittura a priorità assoluta in alcuni casi. Quando, ad esempio, risponde ad alcune domande fondamentali: Silvia Melis si è liberata da sola o è stata rilasciata su pagamento di un riscatto? L’incidente mortale di Grace Kelly: come è avvenuto? Guidava la madre? Guidava la figlia? E così via...

Possiamo concludere individuando tre linee guida nella sintassi della n. Vediamole
a) immediatezza e completezza: la n. è immediata se presenta subito se stessa nel lead, se cioè risponde subito alla domanda di prevalente interesse, senza perdersi in inutili preamboli e in riflessioni retoriche. È completa se risponde anche alle altre domande e ai particolari a esse connessi;
b) sintesi: la scrittura della n. deve essere asciutta, ridotta all’essenziale. Un testo sintetico non è però un testo lacunoso o privo di informazioni importanti. È semplicemente un testo che evita periodi lunghi, ridondanze, artifici dialettici, aggettivazioni cospicue, frasi e periodi retorici. L’esperienza insegna che non esiste un testo che non sia possibile tagliare, limare, accorciare. Se il taglio viene fatto a regola d’arte e la scrittura aderisce al principio della sintesi, anche la comprensione del testo risulterà avvantaggiata;
c) chiarezza: riguarda la costruzione logica del testo. Spesso il giornalista è tentato di voler essere originale, divertente, narcisisticamente più incline ad attirare su di sé l’attenzione, piuttosto che sulle cose che scrive. Costruzione adeguata e logica sono le due parole d’ordine di chi voglia scrivere seriamente e farsi capire. Una sola avvertenza. attenzione al ‘che’. È una particella che affatica il periodare e talora suona veramente male. Molto meglio spezzare il periodo in più frasi e usarla solo quando è strettamente necessario.

5. Le altre accezioni di n.

Il linguaggio giornalistico ruota tutto intorno al concetto di n. Anche quando la parola non è espressamente evocata, essa riemerge in filigrana. Ad esempio lo scoop o n. esclusiva, è la n. che noi abbiamo e gli altri no. Viceversa, il cosiddetto ‘buco’ è la n. che gli altri hanno e noi no. La n. breve è il resoconto sommario e sintetico di un avvenimento senza gli ulteriori approfondimenti e commenti che sono tipici del servizio, dell’inchiesta, dell’articolo, dell’intervista, del pastone, della nota, del corsivo, del fondo o dell’editoriale. La n. breve si riferisce ad avvenimenti di minore importanza, e si risolve generalmente in un sommarietto che risponde alla regola delle 5 W. Sono invece definite ‘di rigore’, quelle n. la cui pubblicazione è imposta dal direttore o da chi abbia la responsabilità del giornale. N. di rigore sono di solito le smentite e le rettifiche: esse vanno cioè pubblicate integralmente, senza tagli o modifiche. Abbiamo infine la ‘n. – titolo’: è quella generalmente contenuta nei richiami di prima pagina dei giornali, nei sommari di giornali radio e telegiornali, nei titoli veri e propri, negli occhielli, nei catenacci e nei cappelli di lancio dei servizi di carta stampata, dei telegiornali e dei giornali radio (Titolo).

6. Il ‘mito’ dell’obiettività

La tradizione giornalistica anglosassone ci ha abituati alla distinzione netta tra la n. e la sua interpretazione: i fatti sono sacri, il commento è libero, ed entrambi debbono essere riconoscibili. La norma deontologica che consacra questo principio sarebbe stata enunciata nel 1921 dall’allora direttore del Manchester Guardian C.P. Scott: "Facts are sacred, comments are free". Ciò dovrebbe bastare a garantire l’obiettività e l’imparzialità della n. Ma tutto il dibattito fiorito sulla materia ha in sostanza dimostrato che l’obiettività è un ideale irraggiungibile o, per meglio dire, un vero e proprio ‘mito’ (Obiettività dell’informazione). Basta capire che la n. non è e non può essere l’avvenimento: essa infatti riferisce l’avvenimento. La n. non è la realtà, ma è la realtà raccontata agli altri (Cavallari, 1990). Ciò allontana l’idea di una obiettività assoluta nel racconto delle notizie. Eco parla di un ‘limite alto’ e di un ‘limite basso’ entro i quali si muove l’obiettività. Il primo è irraggiungibile perché non può esistere una corrispondenza speculare tra l’evento e il suo racconto. Basta già la selezione di un dato argomento, l’attribuzione di una certa priorità nei suoi elementi costitutivi e la maniera di presentarlo ai lettori, per orientare la n. verso parametri che, pur rimanendo corretti dal punto di vista deontologico, sono tuttavia soggettivi. Si consideri poi che la n. finisce sui giornali: dal momento in cui si distacca dal fatto, fino al momento in cui viene acquisita dal lettore, essa è sottoposta a una lunga serie di passaggi e di filtri soggettivi che possono più o meno modificarla. Ciò che invece esiste, ed è raggiungibile, è il ‘limite basso’ della obiettività. Esso consiste in una predisposizione soggettiva del giornalista, nella sua buona fede, nel suo scrupolo professionale e nella sua tensione a una rappresentazione quanto più possibile obiettiva della realtà. Consiste altresì nel "separare notizia e commento; nel dare almeno quelle notizie che circolano via agenzia, nel chiarire se per una notizia vi siano valutazioni contrastanti; nel non cestinare le notizie che appaiono scomode; nell’ospitare sul giornale, almeno per i fatti più vistosi, commenti che non concordino con la linea del giornale" (Eco, 1997). L’obiettività viene così interpretata come "tensione permanente verso la verità" (Bechelloni, 1995), ma anche come onesta pratica del giornalista che lavora con zelo, scrupolo, approfondimento, senso critico e buona fede nella redazione della n. Uno stile che è lontano da quei fenomeni fin troppo attuali che rendono l’obiettività e l’imparzialità chimere irraggiungibili: la dipendenza dalla politica e il perseguimento di obiettivi politici, l’editoria impura che vuole condizionare l’attività giornalistica, l’indifferenza per le esigenze del lettore (Mazzanti, 1991). A queste si aggiunge la ‘spettacolarizzazione’ della n. che tende a dare l’illusione ‘del vero’ soprattutto nelle trasmissioni televisive. La consapevolezza di questi malesseri e il desiderio di superarli potranno restituire alla n. la sua dignità e la sua genuina identità: quella di un fatto interessante e che per questo viene raccontato agli altri.

Bibliografia

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  • CASTRONOVO Valerio - TRANFAGLIA Nicola, La stampa italiana nell’età della Tv: 1975-1994, Laterza, Roma 1994.
  • CAVALLARI Alberto, La fabbrica del presente. Lezioni di informazione pubblica, Feltrinelli, Milano 1990.
  • COLOMBO Furio, Manuale di giornalismo internazionale, Laterza, Bari 1995.
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  • COLOMBO Furio, Ultime notizie sul giornalismo, Laterza, Roma 2008.
  • ECO Umberto, Cinque scritti morali, Bompiani, Milano 1997.
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  • GIORGINO Francesco, Dietro le notizie. Il mondo raccontato in sessanta righe e novanta secondi, Mursia, Milano 2004.
  • GRIENTI Vincenzo, La parola e le notizie. Chiesa e mass media al tempo di internet, Carello Editore, Catanzaro 2007.
  • LENZI Mario, Il giornale, Ed. Riuniti, Roma 1991.
  • LEPRI Sergio, Professione giornalista, Etas Libri, Milano 2005 (3.a ed. ampliata).
  • MARTINI Carlo Maria, Il lembo del mantello. Per un incontro tra chiesa e mass media, Centro Ambrosiano, Milano 1991.
  • MAZZANTI Alessandro, L'obiettività giornalistica. Un ideale maltrattato, Liguori, Napoli 1991.
  • MURIALDI Paolo, Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 1996.
  • PAPUZZI Alberto, Professione giornalista. Le tecniche, i media, le regole, Donzelli, Roma 2010 (5.a ed) Disponibile come e-book.
  • PARTIPILO Michele, Le notizie e la persona. Dalla diffamazione alla tutela della privacy, Cacucci Editore, Bari 2005.
  • PETRONE Sandro, Il linguaggio delle news. Strumenti e regole del giornalismo televisivo, Etas Libri, Milano 2004.
  • REALE Roberto, Ultime notizie. Indagine sulla crisi dell’informazione in Occidente. I rischi per la democrazia, Nutrimenti, Roma 2005.
  • SORRENTINO Carlo, Tutto fa notizia. Leggere il giornale e capire il giornalismo, Carocci, Roma 2007.
  • STELLA Renato, L’immagine della notizia. Nuovi stili giornalistici nella società dell’informazione, Franco Angeli, Milano 2004.

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Preziosi Antonio , Notizia, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (28/03/2024).
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