Arte e sacro
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Autore: Lydia Salviucci Insolera
INDICE
1. Dalle origini alle antiche civiltà e religioni
2. L’a. nella cultura ebraica
3. A. cristiana, storia della fede
3.1. Dal dogma dell’Incarnazione all’espressione artistica 3.2. Le lotte iconoclaste in Oriente 3.3. La formazione di un linguaggio artistico in Occidente 3.4. L’architettura cristiana 3.5. Le funzioni dell’a. cristiana4. A. sacra contemporanea e messaggio comunicativo 5. Il cristianesimo ha bisogno dell’a. e degli artisti 6. A. cristiana e inculturazione
1. Dalle origini alle antiche civiltà e religioni
Il desiderio che l’uomo ha di comunicare attraverso l’espressione artistica è testimoniato fin dagli albori della nostra civiltà. Risalgono all’età paleolitica alcuni graffiti raffiguranti piante, animali e cacciatori, che si trovano nelle grotte tra gli Urali e l’Atlantico. Queste rappresentazioni testimoniano non solo le capacità dei paleolitici di osservare e disegnare la realtà circostante, ma si possono considerare un codice simbolico che veniva adottato durante le cerimonie magico-religiose.In Asia, continente con una tradizione religiosa profondamente radicata, si è sempre ritenuto che tutte le arti abbiano un’origine divina e vengano rivelate nell’opera dell’artista. Ma l’immagine artistica più perfetta non sostituisce mai l’immagine mentale affiorata, sarà soltanto un mezzo valido di comunicazione e conoscenza: "l’immagine è da considerare animata dalla divinità, ma non è un idolo, piuttosto un supporto di meditazione e un mezzo ausiliario di realizzazione" (Coomaraswamy, 1976).
In tutte le religioni l’artista supremo è sempre Dio. Nella tradizione cinese taoista, questa affermazione porta a una estrema conseguenza: l’artista cinese, che crea un’opera particolarmente perfetta, è costretto a scomparire, perché così può diventare partecipe dell’infinita creatività di Dio.
In Grecia l’a. assolveva un duplice compito. Le numerose statue che ornavano i templi sparsi in tutte le regioni (il Partenone ad Atene, il tempio di Zeus ad Olimpia, di Apollo a Delfi, ecc.) coinvolgevano direttamente le persone, in quanto le sculture, raffiguranti divinità, atleti e condottieri, si mostravano come un esempio da imitare e venivano considerate come una sorta di esortazione moralizzatrice. I greci perciò si identificavano con queste opere e tale processo di imitazione veniva facilitato dal fatto che l’a. era realizzata con uno stile naturalistico. La perfezione tecnica risultava fondamentale (la parola arte in greco è téchne, nel significato proprio di abilità artigianale). Tanto più le opere d’a. venivano ammirate per la loro perfezione, tanto più diventavano efficaci mezzi di comunicazione degli argomenti che esse raffiguravano. L’a. quindi assolveva anche un compito di istruzione.
Le raffigurazioni artistiche romane di divinità sono un’ulteriore testimonianza del genere di rappresentazione pagana. Esse "rendendo visibile il divino solo con la bellezza corporea e con la sublime idealizzazione delle forme fanno sì che la figura divina pagana si realizzi compiutamente in se stessa: ogni rinvio a qualcosa di più alto è a essa estraneo" (Pfeiffer, 1986). La conseguenza ultima è che le raffigurazioni artistiche delle divinità diventano degli idoli: non sono considerate immagini che rimandano a un dio di una dimensione trascendente, ma diventano loro stesse divinità da adorare.
2. L’a. nella cultura ebraica
Anche nella religione ebraica l’a. viene utilizzata e accettata come manifestazione diretta della presenza divina, tant’è vero che Dio stesso partecipa alla realizzazione artistica: un esempio significativo è quando Egli dà a Salomone disposizioni e comandi estremamente particolareggiati per la costruzione del tempio (1 Re 5-6)."Farai due cherubini d’oro" (Esodo 25,18): la presenza di opere d’a. a carattere figurativo, volute espressamente da Dio, pone in questione l’interpretazione del divieto divino di raffigurare immagini. Secondo la Bibbia infatti fu Dio stesso a dettare a Mosè il divieto delle immagini: "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto terra" (Deuteronomio 5,8). Il divieto dell’uso delle immagini avveniva perché Dio è puro spirito e, non avendo similitudine né un’effigie conforme a una realtà corporea, non poteva essere rappresentato dall’uomo con alcuna immagine senza cadere inevitabilmente nel peccato di idolatria.
S. Giovanni Damasceno spiega nelle sue orazioni sulla difesa delle immagini che per gli Ebrei il divieto voluto da Dio di non farsi alcuna figura esisteva esclusivamente affinché le opere d’a. non si adorassero come divinità. Il fatto che questa fosse la corretta interpretazione è testimoniato pure da una scoperta archeologica avvenuta nel 1932 a Dura Europos (Siria) di una sinagoga affrescata con figurazioni tratte dalla Sacra Scrittura e risalenti circa alla metà del sec. III d. C.
3. A. cristiana, storia della fede
3.1. Dal dogma dell’Incarnazione all’espressione artistica."Chi ha visto me ha visto il Padre" (Giovanni 14,9). Il cristianesimo si inserisce nel solco ebraico, assumendo all’inizio anche il rifiuto dell’a. in quanto poteva portare all’idolatria. Molto presto, però, la concezione ebraica venne superata perché nasceva un nuovo modo di comprendere l’a. alla luce dell’Incarnazione. Nel mondo ebraico la proibizione dell’uso delle immagini era legata alla impossibilità di raffigurare Dio. La religione cristiana, invece, credeva che in Gesù di Nazareth si era incarnato il Verbo eterno: Dio aveva reso visibile la Sua immagine nel volto umano di Gesù e quindi aveva dato all’uomo la possibilità di fare esperienza dell’invisibile. L’a. per il cristiano costituisce allora un modo di partecipare al dell’Incarnazione, oltre che espressione dimistero fede. Questo tipo di linguaggio può affiancarsi, o per il popolo illetterato addirittura sostituirsi, al linguaggio verbale della Sacra Scrittura: la Parola. Si stabilisce uno stretto scambio tra Parola e immagine artistica in cui quest’ultima serve come aiuto e supporto di comprensione e di preghiera. C’è come un riflesso continuo tra Parola e immagine: la Parola manifesta la rivelazione di Dio e l’immagine attesta la Sua Incarnazione.
3.2. Le lotte iconoclaste in Oriente.
L’a. figurativa è centrata in Oriente sulla creazione dell’immagine di Cristo, che deve essere realizzata dagli artisti attraverso una tecnica rigorosa tramandata nei secoli. Per questo le immagini artistiche orientali le icone non hanno mutato mai stile. La luce di Dio traspare dai colori; la materia stessa dell’icona ha la capacità di riflettere la gloria di Dio e il fedele può onorarla come qualcosa che mette direttamente in contatto con Dio attraverso la visione. Questa concezione è la conclusione di un lungo periodo di lotte e di discussioni. Dal 726 all’843 venne condotta dalla corte imperiale di Costantinopoli una dura opposizione contro le immagini. Contro l’iconoclastia, la difesa delle immagini sacre sostenuta soprattutto dalle comunità monastiche confermò inequivocabilmente il nesso profondo che esisteva tra fede e a. In quella vicenda dolorosa si fortificò la consapevolezza che l’immagine- icona deve rappresentare Cristo nelle Sue due nature: umana e divina.
Questa considerazione, basilare per l’a. orientale, non coinvolge però l’a. occidentale.
3.3. La formazione di un linguaggio artistico in Occident.
Fino alla caduta dell’impero bizantino in mano ai Turchi (1453) tra l’Occidente e l’Oriente vi è stata una sostanziale sintonia nei modi di esprimere il sacro. In Europa, tuttavia, la diffusione e la predicazione degli ordini religiosi avevano già portato fermenti nuovi, con una più viva attenzione per l’emozione e la natura. Anche il modo di rappresentare il mondo aveva subito un cambiamento: lo si vedeva ormai dentro uno spazio tridimensionale vuoto, illimitato. Il punto culmine di questa concezione portò all’utilizzazione della prospettiva lineare, ossia la convergenza di tutte le linee verso un unico punto centrale, simmetrico all’occhio dell’osservatore. La rappresentazione della luce naturale continuava, invece, ad avere un significato simbolico di luce divina che illumina la scena, rappresentata con raggi che provengono dallo spazio illimitato. Viene intensificata la ricerca sul tono dei colori, i quali illuminati dalla luce divina ottengono una vivezza del tutto speciale.
Da questo momento si può considerare, in sintesi, l’a. cristiana come la confluenza di tre concetti fondamentali: realismo, idealismo e simbolismo. Per realismo si intende la concretezza storica della vita di Gesù, inerente soprattutto al dolore e alle sofferenze che ha vissuto durante la Passione. Anche la raffigurazione della vita dei martiri ha bisogno di un certo realismo a causa della necessaria veridicità da rispettare. Nello stesso tempo, però, l’a. cristiana esprime la bellezza divina, quindi in modo particolare per quanto riguarda la rappresentazione iconografica del volto o icona e del corpo di Gesù tutto questo realismo deve contenere anche la bellezza ideale, propria della natura divina di Gesù. L’idealismo, quindi, risulta necessario per esprimere la presenza di Dio nell’Incarnazione, per ricordare che Gesù nella Passione ha rivelato pienamente il volto di Dio, ed infine per dimostrare che colui che soffre e muore martire è il vero vincitore. L’idealismo si attua visibilmente nell’a. cristiana attraverso una ricerca estetica delle forme e una attenta armonia stilistica, miranti soprattutto alla perfetta resa della bellezza del volto e della solennità del corpo di Gesù, adottando lo stile classico greco-romano. La realizzazione artistica ovviamente non contiene tutti i significati della fede, ma è una fase di passaggio verso l’unione con Dio.
L’a. cristiana è un tipo di preghiera che il fedele può usare contemplandola, ma in essa non si esaurisce il desiderio di Dio. Il suo essere passaggio verso Dio e quindi annuncio di Dio fa sì che abbia un contenuto simbolico divino. Il simbolismo, perciò, è la terza caratteristica fondamentale dell’a. cristiana: esso a volte appare in modo più manifesto, altre volte invece si nasconde dietro allegorie e simboli molto complessi.
La fusione di realismo, idealismo e simbolismo in un’opera d’a. cristiana serve a vivificarla in ogni sua parte, facendola diventare oggetto di meditazione e preghiera e nello stesso tempo testimonianza viva del messaggio cristiano.
3.4. L’architettura cristiana.
L’architettura cristiana assolve sia a compiti di tipo spirituale che funzionale. Lo spazio sacro, luogo di preghiera per eccellenza, deve caratterizzarsi anche per una certa praticità, in quanto è destinato a ospitare l’azione liturgica della comunità.
I cristiani da sempre sentono nella chiesa uno spazio per la comunità; ne è la prova la loro partecipazione alla costruzione dell’edificio. Questo avvenne in modo corale dal sec. XI fino all’incirca al sec. XIV, quando si costruirono le grandi cattedrali. Da un punto di vista stilistico, prima ci fu una fase più sobria e imponente, il romanico; poi il desiderio di unione con Dio fu reso visibile con l’utilizzo di forme architettoniche molto slanciate verso l’alto e con ampie vetrate tali da riempire la chiesa di luce: il gotico. Le chiese e i conventi degli ordini religiosi rispecchiano la spiritualità dei santi fondatori. Si assiste così a una differente applicazione di mezzi artistici a seconda dei diversi modi di vivere la fede. Come unico esempio si può citare l’architettura cistercense propugnata da S. Bernardo di Chiaravalle, sec. XII. Essa rispecchia la ricerca di una forma semplice e lineare, come si può constatare confrontando le piante delle numerose chiese sparse in tutta Europa, assimilabili a un unico modulo schematico, che viene ripetuto senza alterazioni.
3.5. Le funzioni dell’a. cristiana.
a) Funzione contemplativa. Attraverso forme ed espressioni sensibili l’a. cristiana prepara un dialogo di preghiera con Dio: l’espressione artistica conduce alla contemplazione. L’esempio più significativo è dato dall’icona orientale, veicolo fondamentale di preghiera. L’a. cristiana rappresenta, infatti, l’adesione dell’umano al divino, e attraverso di essa il fedele, facilitato nella contemplazione, può compiere il passaggio dal visibile all’invisibile. La tradizione artistica occidentale invece non ha sempre privilegiato la funzione contemplativa dell’arte, lasciando più spazio all’aspetto didascalico dell’arte. Un esempio di a. contemplativa può essere la serie di piccoli affreschi eseguiti dal Beato Angelico nel 1440 circa nelle cellette del convento domenicano di S. Marco a Firenze.
b) L’a. cristiana come strumento di memoria. Nella storia cristiana vi è la necessità di tramandare le verità di fede, mantenendole sempre vive nel cuore di ogni fedele. Durante l’iconoclastia bizantina molti cristiani si adoperarono per difendere l’importanza dell’immagine, tra questi si ricorda S. Giovanni Damasceno, che nell’VIII secolo scrisse proprio sul significato dell’immagine legato alla memoria: attraverso la raffigurazione della vita di Gesù, delle Sue sofferenze e dei Suoi miracoli, il fedele ricorda che Dio, il Verbo, si è fatto uomo e attraverso di Lui si effettua la salvezza del mondo.
c) Funzione didascalica: catechesi. L’a. è uno strumento che permette all’uomo di ottenere un apprendimento rapido e immediato dei concetti cristiani. Essa è un mezzo di insegnamento valido a tutti i livelli: da un primo stadio più semplice fino all’apprendimento di temi teologici molto più complessi, che comportano una preparazione da parte del fedele già più avanzata. Questa funzione importante dell’a. cristiana venne affermata già a partire dal VI secolo quando s. Gregorio Magno si pronunciò in difesa delle immagini, affermando che chi è senza cultura deve avere la possibilità di apprendere guardando le pareti se, appunto, non può leggere sui libri. Le immagini servono come libro dei poveri Biblia Pauperum per una comunicazione immediata. Questo è principalmente il significato dei cicli musivi e pittorici realizzati all’interno delle chiese e delle cattedrali, luoghi di incontro di tutti i fedeli. Anche i missionari nei vari secoli, per far comprendere simultaneamente ciò che spiegavano con le parole, mostravano spesso immagini artistiche.
d) A. cristiana come decorazione. Per decorazione si intende l’utilizzo di tutto ciò che abbellisce un luogo o la situazione in cui ci si trova. Il principio di bellezza che si applica nella decorazione è comune a tutte le creature perché proviene da Dio. Il primo esempio di decorazione è costituito dalle piante, dai fiori, dalla frutta, dagli uccelli, ecc.: l’intero creato è voluto da Dio, affinché partecipi alla Sua lode. Nell’a. attorno alla figura centrale di Gesù ruota una serie di raffigurazioni a. decorativa che contribuisce a rivelare la presenza di Dio. L’uso di materiale pregiato oro, argento, pietre preziose serve a manifestare, attraverso la ricchezza che esprime, la presenza divina. Per questo motivo l’a. liturgica viene realizzata prevalentemente con materiali preziosi: essa è al servizio del culto divino e in ogni sua parte sottintende un profondo significato simbolico.
e) L’a. motivo di lotta religiosa. Verso l’inizio del Cinquecento in Europa del nord dilagò una nuova forma iconoclastica, che testimoniava ulteriormente lo stretto legame esistente tra la fede e l’arte. Prima Lutero e subito dopo Calvino e Zwingli criticano con forza la Chiesa a loro contemporanea, a cui rimproverano il forte rilassamento della vita religiosa. Le loro critiche non toccano soltanto i vari temi teologici, ma arrivano pure a vanificare la funzione dell’a. cristiana. La necessità di eliminare ogni forma artistica viene confermata per loro dal fatto che le immagini venivano eseguite con ricchezza e raffinatezza. Nel giro di pochi anni venne saccheggiata una gran quantità di chiese e furono distrutte numerose opere d’arte. Di nuovo, come nell’iconoclastica bizantina, l’a. diventa un vero e proprio terreno di lotta. Anche la riforma cattolica, codificata nel Concilio di Trento, terminato nel 1563, si occupò dell’a. cristiana: venne definita valido strumento che contribuisce a diffondere e a mantenere viva la fede in tutti i popoli. Da questo periodo vi sarà una grande diffusione di quei temi cristiani che, essendo rifiutati dai riformati, dovevano essere affermati dalla religione cattolica attraverso uno stile molto coinvolgente: la cosiddetta a. barocca.
4. A. sacra contemporanea e messaggio comunicativo
Negli ultimi due secoli, in seguito alla desacralizzazione della società, è cessato di esistere quell’intimo rapporto tra la fede e la realtà umana e di conseguenza anche la ricerca artistica cristiana è stata emarginata in un ambito sempre più periferico. Il sacro viene sostituito con il subconscio oppure viene annullato completamente. L’uomo, non sentendo più necessaria la presenza divina, trova vana pure la realizzazione di un’a. cristiana. Prima l’a. cristiana rappresentava in un certo modo il fulcro intorno a cui ruotavano tutte le altre realtà artistiche; ora, invece, l’a. cristiana si riduce a singoli tentativi, eseguiti da pochi artisti, che nella loro ricerca interiore hanno sentito la necessità di creare soggetti cristiani. Quest’ultima è un’a. sgorgata da una esperienza diretta di fede, cercata espressamente dall’artista; in un contesto culturale che sembra negarla, l’opera d’a. sacra moderna è caratterizzata da una forte e spesso drammatica spiritualità. I disagi e le sofferenze delle due guerre mondiali, i contrasti sociali e razziali nei continenti e le stridenti disparità economiche hanno spinto gli artisti a soffermarsi principalmente sulla figura di Gesù e sulla sua passione. Ad esempio il pittore francese G. Rouault (1871-1958) uno dei più importanti rappresentanti dell’a. cristiana del sec. XX propone numerose immagini cristologiche di forte impatto emotivo, realizzate con spesse pennellate di colore rosso, marrone e blu, disegnate con una grafia incisiva e potente.Nella costituzione della Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II (1962-1965) è stata sottolineata l’importanza dell’a. sacra: "Anche l’arte del nostro tempo, di tutti i popoli e paesi, abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti" (n. 123).
Per avere un’idea di come l’a. religiosa dall’Ottocento fino a i giorni nostri abbia partecipato alla vita del mondo a volte in maniera ben articolata, altre volte utilizzando stili più complessi si può visitare la collezione d’a. religiosa moderna, situata nell’appartamento Borgia nei Musei Vaticani. Le opere sono ordinate nelle numerose sale, che vengono sempre aggiornate da cospicue donazioni. Alcune sono eseguite da artisti famosi, che solo occasionalmente hanno toccato temi cristiani, come ad esempio F. Bacon. Altre volte, invece, i quadri, le sculture, i mosaici testimoniano del profondo coinvolgimento spirituale vissuto da artisti come M. Chagall, G. Manzù, F. Messina e G. Sutherland.
5. Il cristianesimo ha bisogno dell’a. e degli artisti
Dall’excursus fatto emerge chiaramente che l’a. ha una grande importanza per la comunicazione religiosa, a tal punto che la "Chiesa, se vuole essere fedele al suo compito, non può farne a meno". Questa affermazione è di Paolo VI, il papa che ha riaperto il dialogo con gli artisti. Un momento particolarmente intenso di questo dialogo ha una data precisa: l’incontro del 7 maggio 1964, festa dell’Ascensione, nella Cappella Sistina, dove il Papa tenne un discorso in cui chiedeva che venisse superata ogni incomprensione tra la Chiesa e gli artisti e si ristabilisse quell’amicizia che già il Concilio Vaticano II aveva patrocinato nel documento sulla liturgia:"[...] Noi abbiamo bisogno di voi. Il nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire al cielo dello spirito i suoi tesori e di rivestirli di parola, di colori, di forma, di accessibilità. E non solo una accessibilità quale può essere quella del maestro di logica, o di matematica, che rende sì comprensibili i tesori del mondo inaccessibile e comprensibile il mondo dello spirito: di conservare a tale mondo la sua ineffabilità, il senso della sua trascendenza, il suo alone di mistero, questa necessità di raggiungerlo nella facilità e nello sforzo nello stesso tempo".
"Questo coloro che se ne intendono lo chiamano Einfülung, la sensibilità, cioè la capacità di avvertire, per via di sentimento, ciò che per via di pensiero non si riuscirebbe a capire e ad esprimere voi questo fate. [...] E se noi mancassimo del vostro ausilio, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno di fare uno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico, anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza della espressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte".
Il dialogo tra la Chiesa e gli artisti d’oggi viene riconfermato da Giovanni Paolo II, quando invia alla vigilia del Giubileo del 2000 un messaggio "a quanti con appassionata dedizione cercano nuove epifanie della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica" (Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti, 24 aprile 1999). Lo scritto infonde speranza e incoraggiamento agli artisti: "I vostri molteplici sentieri, artisti del mondo, possano condurre tutti a quell’Oceano infinito di bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia". La lettera sintetizza con chiarezza l’intera situazione storica e ricorda i temi che da sempre hanno animato gli artisti nella realizzazione di un’a. cristiana.
6. A. cristiana e inculturazione
L’a. cristiana attraverso le missioni si è rivolta da sempre anche ai paesi extraeuropei. Un tempo i missionari portavano direttamente dall’Europa le immagini e gli altri oggetti artistici per facilitare la diffusione della fede o per le celebrazioni liturgiche. In questo secolo la Chiesa ha cercato di rispettare quella che è la tradizione artistica di ogni popolo. Pio Xi nel 1925 promosse in Vaticano una grande mostra sull’arte missionaria. Da quel momento si cercò di non imporre più ai cristiani degli altri continenti un’arte già fatta, ma di incentivare l’ispirazione locale e di favorire uno scambio culturale tra le diverse realtà artistiche.Video
Responsorio, canto gregoriano, antifona Christus factus est, che riporta il testo latino della lettera ai Filippesi 2:8-9
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Documenti
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Links
- Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti - 1999
- Omelia di Paolo VI agli artisti. Festa dellAscensione 1964, Cappella sistina.
- Roma - Visita alla Basilica di San Paolo fuori le Mura
- Roma - Visita alla Basilica di S.Pietro
- Roma - Visita alla Basilica di San Giovanni in Laterano
- Roma- Visita alla Cappella Sistina
Note
Come citare questa voce
Salviucci Insolera Lydia , Arte e sacro, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (09/10/2024).
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