Composizione grafica

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1. Definizione

Nel settore della stampa questa espressione può assumere due significati: uno più ampio, con il quale si intendono la progettazione e il coordinamento dei componenti dello stampato (testo, illustrazioni, didascalie, grafica decorativa, titolazione...); uno più stretto, che indica l’operazione di accostare le lettere tra loro per formare le parole, le righe e le pagine.
Nel suo significato più ampio, al termine c.g. si preferisce sovente l’espressione progettazione grafica (Grafica). Questa dicitura, però, può portare a dei malintesi, perché generalmente le si attribuisce un significato prevalentemente orientato agli aspetti creativo-estetici, disgiungendoli da quelli tecnico-estetici, con il rischio di sottovalutare o sminuire questi ultimi. In altre parole, la tendenza che si riscontra in alcuni casi e in alcune situazioni editoriali a separare la funzione progettuale rispetto alle scelte tecnico-economiche può compromettere il risultato e la buona fruibilità dello stampato, soprattutto se si tratta di un volume. Se cioè il progettista grafico ha avuto una formazione prevalentemente orientata agli aspetti decorativi, illustrativi e iconografici, ma poco conosce del carattere, della leggibilità, delle norme della logica grafica, sovente progetta delle opere assurde dal punto di vista tipografico, opere che cercano soprattutto di stupire e impressionare il lettore, invece di agevolarlo nella lettura. Nella sua smania di originalità, rischia di compiere delle scelte sbagliate per quanto riguarda lo stile del carattere, il corpo, l’interlinea, la giustezza, la pagina-base, ecc., cioè proprio nel cuore dei meccanismi di fruizione del volume (Carattere da stampa).
Il coordinamento degli elementi dello stampato, ossia la c.g. in senso lato, è un’arte che richiede equilibrio, che si impara lentamente, soprattutto sapendo osservare i classici e le opere meglio riuscite. Oggi che le tecniche di c.g. computerizzata hanno messo una grande quantità di operatori fai-da-te nella condizione di impaginare un testo per la sua pubblicazione, si nota con molta evidenza quanto la carenza di cultura grafica sia deleteria.
Nel senso più ristretto il termine c. si riferisce alla combinazione in righe, colonne e pagine dei caratteri di testo, della spaziatura fra parola e parola e di interlinea fra riga e riga.

2. Tecniche di c.g.

Le tecniche escogitate nei secoli per ottenere la composizione dei testi sono state molteplici.
a) Composizione manuale. Per oltre 400 anni dall’invenzione di Johann Gutenberg la composizione manuale con i caratteri in metallo (una lega ternaria formata da piombo, stagno e antimonio) restò praticamente immutata, salvo alcuni miglioramenti tecnici nell’incisione dei punzoni e delle matrici e nella fusione dei caratteri.
b) Composizione automatica a caldo. Sul finire del secolo XIX, a partire dal 1870 circa, si sviluppò una grande quantità di progetti e di brevetti volti ad automatizzare la composizione. Ciò perché era stata inventata la macchina da stampa tipografica piano-cilindrica e con l’applicazione a essa dell’energia generata dalla macchina a vapore si potevano stampare circa 1500 copie all’ora, un enorme progresso rispetto alle 30-50 copie/ora che due operai stampavano con il torchio a mano. La rottura dell’equilibrio che si era stabilito in oltre 400 anni tra la produttività della composizione e quella della stampa esigeva di trovare delle tecniche di c. molto più veloci.
Ciò portò all’invenzione della composizione automatica a caldo, così chiamata perché la composizione metallica veniva ottenuta iniettando la lega fusa di piombo-stagno-antimonio entro apposite matrici di bronzo. In questa tecnica si distinguono quelle attrezzature che fondono i caratteri uno alla volta, man mano allineandoli a formare una linea di composizione giustificata (Monotype) e quelle che fondono una linea di testo intera alla volta (Linotype). Con queste macchine si potevano comporre 8.000-10.000 lettere all’ora e quindi l’equilibrio composizione-stampa era ripristinato. Linotype e Monotype hanno operato gloriosamente per circa cent’anni, fino alla fine degli anni Ottanta; anzi in alcuni Paesi e in alcune circostanze sono ancora utilizzate.
c) Fotocomposizione. A partire dal 1965 circa, con l’affermarsi dei processi di stampa offset e rotocalco, che rapidamente soppiantarono la tipografia, si rese necessario ottenere direttamente il testo composto sotto forma di diapositivo, in modo da poterlo utilizzare nella preparazione delle forme di stampa, senza dover passare attraverso gli scomodi sistemi di ‘conversione’, come richiedeva la composizione a caldo. Sono così nate e si sono consolidate le tecniche che, per contrapposizione con Linotype e Monotype, sono state definite a freddo; esse utilizzavano il calcolatore per l’input e l’elaborazione del testo, ottenendo l’output – ossia il diapositivo – con una fotounità, cioè con una macchina che esponeva direttamente i caratteri su film fotosensibile. Nasce cioè la fotocomposizione. L’uso del computer per le funzioni di gestione del testo e della pagina, cioè per la digitazione, la giustificazione, la correzione e la impaginazione ha consentito un grande vantaggio: la possibilità di memorizzare il testo e i dati relativi alla composizione, richiamarli poi in tempi successivi per apportare modifiche e correzioni ed eventualmente per rimpaginarli cambiando le caratteristiche grafiche.
d) Fotounità a laser. Sul finire degli anni Settanta (esattamente nel 1979 con la Lasercomp della Monotype, seguita nel 1980 dalla Linotronic della Linotype) nasce una nuova generazione di fotounità, che utilizzano la sorgente luminosa laser per esporre sul film, mentre quelle precedenti utilizzavano il tubo catodico o CRT (Cinescopio). Questa evoluzione tecnica pone le premesse per una vera e propria rivoluzione nel settore della composizione, alla quale si assiste nella seconda metà degli anni Ottanta.
Il fatto che queste nuove fotounità utilizzino il laser per ‘scrivere’ sul film fotosensibile la pagina da stampare ha due importanti conseguenze:
– date le sue particolari caratteristiche fisico-ottiche, questa sorgente luminosa è in grado di esporre sul film sia i caratteri sia le immagini retinate, ponendo le premesse per ottenere la pagina completa, integrata cioè di testo e immagini;
– il sistema di funzionamento di queste fotounità è analogo a quello che utilizzano le stampanti laser che giungono sul mercato pochi anni dopo, ponendo le premesse per la nascita del Desktop publishing o Editoria da tavolo.
e) Dai sistemi dedicati al Desktop publishing (DTP). Fin verso il 1985 la fotocomposizione era basata su sistemi dedicati, ossia su strutture fornite, sia come hardware sia come software, da alcuni specifici produttori.
Intorno al 1985 è iniziata una vera e propria rivoluzione, che ha coinvolto non solo la composizione dei testi, ma tutte le operazioni di prestampa. Artefici di questa svolta sono stati il personal computer Macintosh della Apple, con il suo rivoluzionario sistema operativo; il PostScript della Adobe, un linguaggio informatico di descrizione della pagina, per il collegamento con i dispositivi di input e output; il PageMaker della Aldus, un programma per l’impaginazione; la stampante laser della Canon, denominata LaserWriter dalla Apple; la Linotronic 300 della Linotype, la prima fotounità PostScript. Nasce così il Desktop Publishing (DTP) o Editoria da tavolo, che in pochissimi anni soppianta i sistemi dedicati di fotocomposizione.
Un impianto DTP infatti ha un costo molto inferiore rispetto a un sistema dedicato; è facile all’uso, grazie al sistema operativo del Macintosh e ai software applicativi creati per questo ambiente informatico; non solo consente di comporre e impaginare ma, con opportuni applicativi, anche di fare lavori di grafica vettoriale (disegno) e di ritocco delle immagini; se la qualità richiesta lo consente, il lavoro finale può essere ottenuto con la stampante laser, oppure, se si vuole l’alta qualità, si ricorre alla fotounità laser PostScript.

3. Il presente: dalla fotocomposizione alla prestampa

Fin verso il 1990 la composizione del testo e la riproduzione delle immagini erano due operazioni distinte. Fotocomposizione e fotoriproduzione seguivano due strade parallele, con professionalità, software e apparecchiature differenti. Era poi necessaria una terza figura professionale, quella del premontaggista, che provvedeva ad assemblare i diversi elementi per ottenere le pagine finite, dalle quali successivamente si otteneva la forma di stampa.
Dopo il 1990, grazie agli elementi che hanno contribuito alla nascita del DTP (soprattutto il PostScript), alla potenza e velocità sempre maggiori dei personal computer, alle RAM a prezzi sempre minori, alle memorie di massa sempre più capaci e a prezzi calanti, a software per la cromia delle immagini e per l’impaginazione sempre più perfezionati, è stato possibile integrare il trattamento del testo e delle immagini, ottenendo in output – con le fotounità laser – le pagine complete.
Oggi non si parla più di fotocomposizione, fotoriproduzione, cromia, premontaggio, ma esiste una sola professionalità, quella dell’operatore di prestampa. Con un’unica stazione di lavoro, basata su un potente personal computer, è possibile a un solo operatore, usando di volta in volta il software opportuno, eseguire tutte le fasi della prestampa: la progettazione della pagina, la scansione e il ritocco cromatico delle immagini, la creazione degli elementi di grafica che arricchiscono la pagina, la gestione del testo, l’impostazione di tutti gli elementi per l’impaginazione definitiva, l’ottenimento delle prove di stampa a colori, l’esecuzione delle correzioni, l’impostazione del foglio per la macchina da stampa e l’output finale su film (Computer-To-Film, CTF) o direttamente su forma di stampa (Computer-To-Plate, CTP).

4. Il futuro prossimo: da ‘industria della stampa’ a ‘industria della comunicazione visiva’

Le evoluzioni si susseguono a ritmi sempre più incalzanti. Il settore della stampa stava appena finendo di assorbire il passaggio alla globalità delle operazioni di prestampa, che una nuova sfida lo sta investendo: una trasformazione così radicale, che sarebbe più giusto definire rivoluzione. Il settore cambia addirittura il suo nome. Da ‘industria della stampa’ a ‘industria della comunicazione visiva’. Ossia la carta stampata diventa solo uno degli strumenti per comunicare il messaggio. Oltre al documento cartaceo il nuovo settore deve, cioè, essere in grado di offrire al cliente la possibilità di scelta tra una molteplicità di strumenti di comunicazione e di servizi: CD-ROM interattivi (CD), animazione 3D, video e spot, presentazioni, archiviazione e gestione dei dati digitali, creazione e gestione di pagine Internet, ecc. Quindi stampa, multimedialità e Internet visti come tre diversi ma complementari strumenti per ‘pubblicare’ dei documenti che hanno una sorgente di produzione unica.
Questo nuovo scenario è una delle conseguenze della tecnologia del ‘tutto digitale’, che consente l’elaborazione integrale del messaggio per mezzo del computer: testo, immagini fisse o in movimento, elementi grafici, ‘bottoni’ per i collegamenti e l’ interattività, suono: tutto è trattato sotto forma digitale con il computer.
Quindi – entro certi limiti – la preparazione digitale del messaggio prescinde dal supporto che verrà utilizzato per pubblicarlo, sia esso carta stampata, CD-ROM o pagine WWW.
È necessario che il settore della stampa si adegui in tempi rapidi alla nuova sfida derivante dalla globalizzazione del mercato della comunicazione, pena l’emarginazione, perché altri settori concorrenti sono pronti a entrare in questo mercato. D’altronde, per sua fortuna, il settore già possiede buona parte delle competenze-sensibilità richieste: la competenza sul colore e sulla sua riproduzione, la sensibilità grafico-estetica relativa al carattere e all’impaginazione, la competenza sul serving e sulle reti informatiche. Le altre competenze deve impararle in fretta... o allearsi con chi già le possiede.

Bibliografia

  • Grafica: scienza, tecnologia e arte della stampa, Antonio Ghiorzo, Milano 1991.
  • Tecnologia grafica, Scuola Grafica San Zeno, Verona 1996.
  • AJAYI A’Isha - GRAFF Pamela, Understanding electronic communications. Printing in the information age, Graphic Arts Technical Foundation, Pittsburgh (PA) 1996.
  • LIEVROUW Leah A., Alternative and activist new media, Polity Press, Cambridge 2011.

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Come citare questa voce
Molinari Mario , Composizione grafica, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/04/2024).
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