Scenografia

  • Testo
  • Bibliografia5
  • Video3
  • Voci correlate
Palladio, il Teatro Olimpico di Vicenza

1. Definizione

È l’insieme degli elementi visivi in cui si colloca e prende corpo l’azione teatrale, cinematografica, televisiva. Talvolta può consistere in una sommaria o stilizzata indicazione dell’ambiente da ricreare, altre volte nella sua meticolosa ricostruzione, con effetti e risultati volta a volta realistici, antinaturalistici, onirici, poetici, ecc.

2. S. teatrale

2.1. Storia.
Se è assai probabile che nell’antichità classica il luogo dell’azione drammatica consistesse in una struttura fissa, arredata con fondali e quinte a seconda del tipo di rappresentazione, è certo che in età ellenistica la scena fosse stabile, con un fondale che restava inamovibile per tutta la durata dello spettacolo, mentre nella civiltà romana – secondo Vitruvio (sec. I a.C.) – vi erano tre tipi di scene: la tragica (monumentale), la comica (facciate di abitazioni dimesse), la satirica (paesaggi agresti).
Nel Medioevo, alla rinascita del teatro come azione liturgica, s. fu l’altare e poi il sagrato delle Chiese, mentre l’evolversi della sacra rappresentazione portò alla tecnica dei ‘luoghi deputati’, edicole o piccoli palcoscenici costruiti all’aperto in vari luoghi, talora mobili (macchine sacre) per scandire i vari momenti dell’azione. Ma ai ‘comici dell’arte’ spetta l’invenzione del palco trasportabile, arricchito dal fondale, da montare di volta in volta nel luogo della rappresentazione.
Mentre il teatro elisabettiano rinunciava alle scenografie elaborate per affidarsi alla fantasia dello spettatore, il teatro di tradizione italiana si rifaceva ai canoni classici nel riproporre le tre scene fisse – tragica, comica, satirica – ridotte ulteriormente a due esterne: architettonica (città o strada) e naturale (bosco o brughiera). Nel suo Teatro Olimpico, a Vicenza, il Palladio (sec. XVI) adotta la soluzione di una scena stabile architettonico-plastica, con accentuata prospettiva geometrica, mentre Jacopo Torelli (1608-1678), detto le grand sorcier, giocherà sul moltiplicarsi delle scene (fondali e quinte), con ‘mutazioni a vista’, negli spettacoli creati per il Re Sole. Con lui e dopo di lui la scena "all’italiana", fissata in età barocca dai Vigarani, dal Bernini, da Jan Vos e poi dai Bibiena, consisterà nell’individuazione di una serie di luoghi, realizzati attraverso fondali e quinte prospettiche: la reggia, la città, l’orrida, la deliziosa, la marina.
Romanticismo, naturalismo, neoclassicismo, realismo influenzano correnti e realizzazioni scenografiche nei secoli successivi.
Una decisa rivoluzione avviene nel nostro secolo con Adolphe Appia (1862-1928) e Gordon Craig (1872-1966) che puntano sul totale rifiuto del naturalismo per proporre una luogo teatrale tutto plasticità ed effetti luministici: è la s. a far spettacolo mentre sia l’attore (supermarionetta) sia la parola debbono subordinarsi a essa. I canoni drammaturgici di Bertolt Brecht (1898-1956) proporranno a loro volta una s. non realistica ma ricca di inequivocabili ‘suggerimenti’, ‘pedagogica’ anch’essa.

2.2. Scenotecnica.
Se la scena classica è fondamentalmente fissa, costruita mediante elementi architettonici, con parti in legno e tela, nell’età barocca si sviluppa l’uso di fondali, quinte e spezzati, dipinti su tela e armati da ‘cantinelle’ di legno. Più tardi si diffonderà l’utilizzazione di elementi tridimensionali, con l’impiego della cartapesta e del compensato, sino all’avvento della plastica e del polistirolo. Ovviamente la s. punta anche sulla preziosa e necessaria integrazione costituita dall’arredamento.
Negli ultimi decenni si sono sviluppate ampie opportunità di utilizzare proiezioni di immagini fisse o talora in movimento (frontali o più spesso da retropalco) su schermi e velari traslucidi (‘precursore’ è lo scenografo Svoboda), mentre la possibilità di computerizzare i movimenti scenici combinandoli con le variazioni delle luci (illuminotecnica) ha arricchito enormemente la gamma espressiva della s., favorendo anche la rottura della rigida divisione fra palco e platea, con l’impiego di palcoscenici rotanti e di elevazioni verticali. Dunque una s. non più intesa come ideazione e allestimento di uno o più ambienti fissi, ma come spettacolo in divenire.

3. S. cinematografica

Se la s. teatrale, nella sua accezione classica, tende a individuare e ricostruire un luogo o una serie di ambienti, quella cinematografica propone al regista gli elementi visivi in cui s’inquadrerà l’azione filmata dalle diverse angolazioni della macchina da presa.

3.1. Storia.
Proveniente dal teatro d’illusionismo, George Méliès (1861-1938) dipinse, a cavallo del secolo, gli estrosi fondali per i suoi film, talora impiegando la tecnica del trompe l’oeil. Ma la s. cinematografica acquistò particolare peso e importanza nelle grandiose ricostruzioni in aperta campagna per i primi kolossal storici, dall’italiano Cabiria (1914) di Pastrone a Intolerance (1916) di Griffith, mentre si ridusse al mero allestimento di sontuosi arredamenti in teatro di posa nei drammi romantici del cinema muto.
Grande rilievo la s. acquisterà nel periodo espressionista, giocando sull’alterazione violenta della prospettiva e dell’ortogonalità nel Gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene – scene dipinte con prospettive sghembe in cui la luce acuisce la deformazione grafica – o addirittura creando città immaginarie e futuribili (Metropolis, 1927, di Fritz Lang).
Ma le soluzioni scenografiche del cinema sono le più diverse, dalla ricostruzione convenzionale in teatro di posa al più minuzioso realismo, al poetico suggerimento di atmosfere, alle invenzioni kitsch del musical, ecc. Non di rado poi, il cinema colloca le proprie ambientazioni in contesti ‘dal vero’ (locations), sia per precise scelte espressive e stilistiche che per abbattere i costi.

3.2. Tecnica.
Poiché la s. entra nel contesto stesso dell’invenzione filmica, è chiaro che lo scenografo (art director) è un prezioso collaboratore del regista, dato che non si tratta tanto di ricostruire un ambiente quanto di dare concretezza a tutti quegli aspetti che verranno individuati e ‘letti’ in fase di ripresa: questo fatto postulerà l’esigenza di ricostruzioni parziali, di prospettive alterate, di pareti mobili, di imitazioni in plastica di materiali edilizi, dell’impiego di maquettes e modellini, blue-back, ecc.
La moderna tecnica della computergrafica consente con sempre maggior frequenza e ampiezza d’integrare la s.- base in fase di postproduzione, mediante la modifica o l’aggiunta di ambienti ed elementi vari, nonché di personaggi e quant’altro. La mediazione tra effetti speciali, s. virtuale e s. concreta si fa sempre più stretta con risultati di grande sofisticazione ed effetto.

4. S. televisiva

Si differenzia a seconda del tipo di spettacolo da realizzare. Nella fiction ci avviciniamo ai canoni di un film realizzato in teatro di posa, dove gli ambienti sono il più delle volte privi del soffitto per dare spazio ai ponti-luce, mentre è comune l’uso di pareti mobili e di blue back.
Negli spettacoli di varietà la s. deve creare un ambiente suggestivo e articolato in cui balletti, giochi, ‘angoli deputati’ e pubblico si combinino in un assieme capace anch’esso di essere immagine e di fare autonomamente spettacolo. Anche qui si sono attraversate varie fasi, dalla riproposta iniziale, piuttosto elementare, di un ‘palcoscenico televisivo’ bidimensionale all’uso esasperato del chromakey, all’individuazione di un ambiente strutturato nel quale il rapido alternarsi di luci e colori crea uno spettacolo nello spettacolo.

Bibliografia

  • APPIA A., Attore, musica e scena. La messa in scena del dramma wagneriano. La musica e la messa in scena. L'opera d'arte vivente, Feltrinelli, Milano 1975.
  • CRAIG Edward Gordon, Il mio teatro. Per un nuovo teatro. Scena, Feltrinelli, Milano 1971.
  • CRUCIANI Fabrizio, Lo spazio del teatro, Laterza, Bari 1998.
  • DEL PRATO Vincenzo, Manuale di scenografia. Il cinema, la televisione, il teatro, Carocci, Roma 1990.
  • MILLERSON G., Manuale di scenografia e scenotecnica per la tv, Gremese, Roma 1993.

Documenti

Non ci sono documenti per questa voce
Come citare questa voce
Castellani Leandro , Scenografia, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (05/11/2024).
CC-BY-NC-SA Il testo è disponibile secondo la licenza CC-BY-NC-SA
Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo
1103