Scuola

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La s. è l’istituzione alla quale è affidato il compito di provvedere alla trasmissione del patrimonio culturale mediante processi guidati di istruzione formativa in un ambiente professionalmente regolato.

1. Natura e funzioni

L’origine della s., in senso antropologico, va cercato nell’esigenza, conseguente alla progressiva complessificazione e differenziazione dei livelli e degli ambienti di vita, di un’agenzia specializzata per svolgere quei compiti di acculturazione e di preparazione professionale che la famiglia e i gruppi di riferimento spontaneo non erano più in grado di svolgere. A questa funzione di carattere sostanzialmente ‘tecnico’ se ne sono venute integrando altre, di carattere morale e psicologico, che hanno progressivamente condotto a considerarla soprattutto sotto l’aspetto propriamente educativo, caratterizzato dalla qualità delle relazioni pedagogiche in essa presenti. Questa evoluzione può essere validamente sintetizzata in questa prima tabella (rielaborata sulla base di una comunicazione di P. Donati).
PERIODO CONTENUTO EDUCATIVO FUNZIONE PREVALENTE SCOPO POSIZIONE DELL’ALUNNO POSIZIONE
DELLA SCUOLA
NELLA SOCIETA’
Fino al XVII sec. Ricerca della perfezione morale dell’uomo Costruire l’uomo ideale (sapiente, eroe, santo...) Sviluppare la ragione e le virtù in vista della felicità finale della persona Dipendenza dal maestro, imitazione del vero, del bello e del buono, richiamo all’assoluto Estensione della religione e della famiglia nel continuum della vita comunitaria
Dal XVII sec. alla prima metà del XX sec. Formazione per il compito sociale Preparare le capacità utili in funzione del sistema professionale stratificato Apprendere le regole generali utili in vista della competenza individuale Dipendenza da un organismo formale, rispetto di piani e procedure, adempimento della propria specificazione funzionale Specializzazione funzionale rispetto ad altri sottosistemi sociali
Seconda metà del XX sec. Capacità di apprendere Potenziamento della capacità di autoriflessione Imparare ad apprendere Informale, interattiva, contingente, adattiva Autonomia e auto-referenzialità
Fine del XX sec. Capacità di relazioni sensate per una vita più umana Sviluppare il potenziale umano lungo il corso della vita Sviluppare in senso umano la personalità dell’alunno Personalizzata, attenta alla globalità Nodo di una rete di comunicazioni formative in grado di operare come guida relazionale

Funzionalità (motivo del presente) e relazionalità (motivo del futuro) rappresentano quindi i due termini essenziali in gioco, in base ai quali è possibile tracciare una serie di caratterizzazioni fondamentali dell’idea di s.
a) Vivaio di relazioni umane. La dizione sottende, a sua volta, alcune ulteriori e più precise avvertenze:
ritrovare il rapporto educativo. Non sottrarsi all’esercizio diretto ed esplicito della responsabilità educativa, lasciando l’esito della vicenda formativa al puro e semplice compiersi dei processi funzionali di sviluppo e all’affastellato comporsi degli influssi culturali. Occorre invece assumersi il peso della proposta e della presenza non abbandonante, in una collocazione ‘forte’ sul piano sia dei doveri che dei diritti;
educare al pluralismo. Reagire alle tendenze disgreganti oppure indebitamente omologanti, valorizzando le differenze e, nello stesso tempo, promuovendo il confronto e l’unificazione degli intenti nel rispetto delle peculiarità;
educare alla responsabilità. Concentrarsi sull’essenziale, costituito dal recupero dei valori morali, dall’appello a ideali elevati circa le mete significative della vita e dall’insegnamento del senso della responsabilità civica.
b) Luogo di lavoro. In relazione alla natura di apparato operativo complesso, è centrale il passaggio dalla strutturazione burocratica tradizionale alla prospettazione come organizzazione flessibile e adattiva, in grado di risolvere problemi e di autopromuovere processi di innovazione migliorativa: è in questo senso che si può parlare di ‘creatività della s.’ , in una compensazione reciproca di valori di efficienza, di efficacia, di produttività e di rilevanza formativa. Per questo, ancora, i livelli di professionalizzazione presenti devono manifestare la qualità più elevata possibile.
c) Istituzione ‘autonoma’. La s. si qualifica sempre più come un’istituzione sociale impegnata in transazioni complesse (scambi di idee, di risorse e di persone) e collocata in una rete di comunicazioni con l’ambiente, rispetto alle quali una ragionevole libertà si profila come una condizione basilare di esercizio. Occorre, pertanto, pensarla e condurla come luogo in cui si interpreta e si decide più che come luogo in cui si esegue e si applica, dotandola di tutte le condizioni e le risorse che le consentano di trattare con successo un certo grado di incertezza.
d) Ingresso nella vita della ragione. È compito e funzione della s., comunque e in ogni luogo, realizzare l’alfabetizzazione culturale degli alunni, vale a dire il tirocinio introduttivo nei linguaggi e nei sentieri (metodi, lessici, grammatiche, regole, procedure, sintassi, stili, abilità) della cultura intesa come panorama ordinato e significativo per la mente. Il carattere naturalmente e costitutivamente cognitivo della s. si può considerare nel suo pieno risalto in relazione alla sicurezza e all’efficacia della consegna e della trasmissione alfabetico-strumentale e alla forza della costruzione metacognitiva (possesso delle capacità di autocontrollo dei propri processi di apprendimento), che chiede di svolgere sempre l’implicito nell’esplicito, di condurre dall’impressione alla riflessione, di aiutare e stimolare il costruirsi della consapevolezza, di offrire occasioni e risorse per saper dire, saper esprimere, saper verbalizzare l’esperienza e i suoi significati.
e) Contropotere. La s. non deve costituire un prolungamento e una reduplicazione fedele della cultura esistente ma, piuttosto, un momento di ‘distacco’ da essa nel senso di riequilibrarne gli effetti riduttivi e devastatori. Lungi dal rincorrere, cercando di incorporarli o di imitarli, i modi propri e tipici dell’acculturazione informale quotidiana, essa deve coltivare una sua propria differenza qualitativa nei confronti di essa, offrendo ai giovani, se è il caso, una vera e propria alternativa compensatrice.

2. Gradi e momenti

La rappresentazione dei momenti nei quali l’alunno distende progressivamente la sua esperienza risponde a due fondamentali approcci, il primo dei quali riflette il punto di vista secondo il quale i gradi scolastici corrispondono a periodi distinguibili e differenziati in relazione alla struttura psicoevolutiva della personalità, mentre il secondo si impernia sul criterio della loro funzione sociale, rispetto alla quale emerge come cardine ordinativo l’istruzione obbligatoria di base.
Le due dislocazioni possono venire così rappresentate (vedi la seconda tabella).

PRIMO APPROCCIO SECONDO APPROCCIO
Grado Fase Grado Fase
Scuola materna Infanzia Scuola materna (in parte) Istruzione pre-obbligatoria
Scuola elementare Fanciullezza Scuola materna (in parte)

Scuola elementare

Scuola media

Scuola secondaria superiore (in parte)
Istruzione obbligatoria
Scuola media Preadolescenza - -
Scuola secondaria superiore Adolescenza
Giovinezza
Scuola secondaria superiore

Istruzione superiore
Istruzione post-obbligatoria

La tendenza attualmente in corso consiste nel passare dal primo al secondo dei due approcci. Si mettono così in evidenza alcune linee particolarmente marcate:
– aumentare gli elementi di continuità riducendo le frammentazioni e le segmentazioni e aumentando i caratteri di continuità nei passaggi da un momento all’altro della carriera scolastica;
– includere la frequenza di almeno un anno della scuola materna e di un biennio della scuola secondaria superiore nell’istruzione obbligatoria;
– articolare i periodi di istruzione in unità (cicli) in grado di rispettare le cadenze dello sviluppo del soggetto;
– la conclusione della scolarizzazione possibile non oltre il diciottesimo anno di età.

Vediamo ora distintamente i singoli gradi.
a) Scuola materna. Il carattere proprio di questa s. si è venuto costruendo e definendo in opposizione al principio dell’assistenzialità e a quello della preparatorietà. Si è conquistata con definitiva chiarezza, cioè, l’idea che non si tratta né di un luogo di pura e semplice custodia né di un momento meramente funzionale alla predisposizione delle migliori condizioni di frequenza del grado successivo, ma di un segmento pienamente e compiutamente degno della carriera formativa della personalità, che attinge le proprie caratterizzazione e i propri fini dalle esigenze e dai bisogni tipici dell’età dei suoi alunni, che vengono sollecitati – come indicano gli Orientamenti del 1991 – a svolgere le loro energie cognitive, affettive, relazionali e pratiche nel rapporto con una serie di "campi di esperienza educativa" (il corpo e il movimento; le cose, il tempo, la natura; i discorsi e le parole; lo spazio, l’ordine, la misura; messaggi, forme e media; il sé e l’altro) rispetto ai quali si perseguono gli obiettivi della "maturazione dell’identità", della "conquista dell’autonomia" e dello "sviluppo della competenza".
b) Scuola elementare. La s. elementare è stata via via considerata come esperienza di umanizzazione culturale sullo sfondo della progettazione del diritto all’educazione, come condizione per il conseguimento della realizzazione personale, come forma storico-culturale dell’elevazione del popolo alla sua completa dignità morale e sociale, come modo primario dello stabilirsi del contatto formativo fra lo spirito individuale dell’alunno e i valori provenienti dalle forme dello spirito realizzate nella cultura e nell’arte e raccolte nella cultura del maestro, come accompagnamento dell’alunno all’incontro con le forme culturali, come nobilitazione e promozione della creatività individuale, come conseguimento di abilità, capacità e convinzioni permanenti in quanto risultato di una diretta e personale esperienza di apprendimento, come azione intensiva di istruzione educativa nella luce di una visione integrale dello sviluppo della persona.
Ultimamente essa si è trovata ad affrontare non pochi e non irrilevanti cambiamenti, che ne hanno modificato sensibilmente la struttura tradizionale:
– apertura a una concezione a vasto raggio della funzione di alfabetizzazione, non più limitata all’apprendimento delle pure e semplici tecniche dei segni e dei simboli, ma estesa ai linguaggi della cultura nell’ampiezza di tutti i suoi orizzonti;
– flessibilizzazione delle modalità funzionali (pluralità dei docenti, variabilità dei gruppi);
– maggiore continuità organica con la scuola dell’infanzia e con la scuola media.
Proprio quest’ultimo passaggio rappresenta la più rilevante prospettiva di ulteriore probabile trasformazione, nel senso di porre termine alla secolare configurazione di ‘ordine’ a se stante per accedere alla natura di ‘ciclo’ della unitaria scuola dell’istruzione obbligatoria di base.
c) Scuola secondaria. Raccogliamo in uno sguardo comune sia la s. secondaria di primo grado (o s. media) sia la s. secondaria di secondo grado (o s. secondaria superiore), riconducendole al riferimento a un’età e a un continuum educativi rappresentati dal passaggio dalla preadolescenza all’adolescenza alla prima giovinezza, di cui lo stesso ricorrere di dizioni come ‘età a rischio’, ‘età negata’ ed ‘età incompiuta’ dimostra ampiamente la problematica delicatezza.
Sul piano strettamente pedagogico, il tema saliente è costituito dall’esigenza di accoglienza e di espansione della personalità in una fase di grande difficoltà soggettiva e relazionale; la s. secondaria deve sapersi proporre, a questo proposito, come ambiente di comprensione, di rafforzamento positivo dell’immagine di sé, di ordinato e produttivo protagonismo, di valida convivenza formativa fra adulti e giovani, di dialogo, di scambio critico, di animazione intellettuale, di riflessione, di rafforzamento della fiducia, di orientamento all’autocomprensione e alla scelta ragionevole. Sul terreno istituzionale emergono, come principali tendenze, l’inserimento della s. media nel continuum della s. di base, l’articolazione della s. secondaria superiore in due segmenti, il primo dei quali completa il periodo dell’istruzione obbligatoria e il secondo rimane a costituire il tratto ulteriore e finale della scolarizzazione possibile e la revisione curricolare e organizzativa della s.secondaria superiore nel senso di aggiornarne i contenuti, ridurne i canali e trovare un miglior collegamento con le possibilità della formazione professionale.
d) Educazione di base. L’idea di educazione di base, da realizzarsi attraverso la costituzione di un unico comparto istituzionale (s. di base in senso stretto) oppure mediante il forte collegamento funzionale, pedagogico e didattico di diversi e differenziati settori (scuole dell’istruzione obbligatoria) rappresenta il nodo centrale delle trasformazioni scolastiche in corso. Come chiarito fin dal 1974 in un Documento dell’Unesco, non si tratta di estendere la scuola primaria come tale, ma di realizzare un "ciclo di durata flessibile inteso a equipaggiare per la vita nella prospettiva dell’educazione permanente", nel quale si dovrebbe "impiegare una considerevole flessibilità di metodi, combinare la frequenza generale con la diversificazione, usare su vasta scala le diverse risorse educative della comunità"; inoltre, connettere l’apprendimento scolastico con l’esperienza extrascolastica allo scopo di "aiutare ciascuna persona a prendersi carico della propria vita" e abilitarla a essere un cittadino produttivo, efficiente e soddisfatto, capace di perseguire la propria educazione continua, di sviluppare una personalità creativa e una mentalità critica e di conseguire il benessere fisico e una buona salute mentale. In questo senso, l’idea stessa di educazione di base tende a travalicare, alla fine, i confini strettamente scolastici per connettersi con tutte le dimensioni della formazione.

3. Dibattiti e prospettive

Non è possibile delineare il ruolo e le funzioni della s., ormai, senza tener conto di due fondamentali movimenti critici, connessi con la comparsa delle teorie descolarizzatrici e con l’affermarsi delle posizioni non scuolacentriche. Nel primo caso, si ha a che fare con una revisione negativa radicale della s. e dei suoi valori, nella quale le si contesta di non saper svolgere una conduzione liberante e autonomizzante dell’apprendimento e di restare ancorata a una visione di accettazione e trasmissione della cultura dominante; nel secondo, si riconduce la vicenda formativa a una visione di mondi, di opportunità e di momenti (educazione aperta, società educante, educazione per tutta la vita, ecc.) più ampia di quella usualmente incentrata sul solo riferimento alla s.
Il punto più consolidato di evidenza afferma che la s. è pervenuta ad assumere una posizione non più terminale ed esaustiva in senso assoluto per collocarsi, invece, nell’insieme vitalmente composito e articolato della storia formativa delle persone e delle collettività. È anch’essa un momento ‘generativo’ (efficace, adeguato, aperto al futuro) del processo continuato in cui consiste la realizzazione del compito dell’educazione ma non può venir ulteriormente identificata, in quanto ne rappresenta soltanto uno dei mezzi e uno dei possibili linguaggi, con l’educazione stessa. Essa, quindi, è, nello stesso tempo, insopprimibile benché relativa e modificabile. La sua natura è di essere il luogo nel quale si favorisce lo sviluppo dell’uomo e dell’umanità in tutte le loro dimensioni attraverso la mediazione della comunicazione intellettuale e l’incontro di adulti e di giovani al fine di condividere i valori strumentali ed etici della tradizione cumulativa inerente alla propria cultura.
La visione umanistica propone come concetto ordinatore fondamentale e primario la radicale valorizzazione della persona intesa come sviluppo integrale, liberazione dai condizionamenti, realizzazione nella reciprocità, conoscenza e accettazione progressiva dei compiti e dei ruoli sociali, maturazione di atteggiamenti attivi di collaborazione, assunzione di un’identità personale e culturale insieme radicata nella storia e pronta a manifestarsi negli aspetti della vita, potenziamento delle disponibilità e delle capacità di comunicazione e di dialogo, sensibilità al mondo dei valori; sotto il profilo culturale, il compito educativo della s. si determina come risposta agli influssi dominanti sui modi di vivere e di esistere identificabili soprattutto nell’impatto della tecnologia, nel sistema della comunicazione di massa, nell’affermarsi degli schemi consumistici, nei nuovi modelli di vita famigliare, nella nuova civiltà del lavoro, nel sistema economico-politico e, infine, nella stessa s. come sistema e apparato.
Non si educa, quindi, senza la s., ma nemmeno soltanto con essa. (Educomunicazione; Media education; Teatro ed educazione)

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Note

Come citare questa voce
Scurati Cesare , Scuola, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (16/04/2024).
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