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Autore: Fabio Pasqualetti
Il mondo in cui viviamo è immerso in vari tipi di onde: onde sonore, onde luminose, onde marine, onde telluriche, onde elettromagnetiche, raggi X e tanti altri tipi di onde. Tutta la nostra comunicazione dipende, in ultima istanza, da un qualche tipo di onda.
Un’onda si può definire come una perturbazione in cui avviene un trasporto di energia e informazione da un posto all’altro attraverso un medium, senza che questo venga trasformato. Il s., quindi, è una perturbazione prodotta dalla vibrazione di corpi elastici, che si trasmette nel medium circostante, normalmente l’aria, propagandosi attraverso dei movimenti di condensazione e rarefazione molecolare con andamento periodico a forma d’onda.
L’altezza di un s. è determinata dalla frequenza delle sue vibrazioni. Più la frequenza è alta, più il s. viene percepito come acuto, più è bassa, e più viene percepito come grave. Un s. acuto può dare un senso di delicatezza, di brillantezza, o anche di irritazione. Un s. grave può suscitare un senso di mistero, di tragedia o di pace.
L’intensità è determinata dall’ampiezza delle vibrazioni, dalla quantità cioè di molecole perturbate. Maggiore è l’ampiezza della vibrazione, maggiore sarà la quantità di molecole coinvolte durante il fenomeno vibratorio e più intensa risulterà l’esperienza sonora. Un s. forte suggerisce forza, potenza, importanza, vicinanza, mentre un s. debole dà la sensazione di distanza, fragilità, tranquillità, morbidezza.
Il timbro è caratterizzato dalla forma d’onda. Si può pensare alla forma d’onda come al ‘carattere’ o ‘colore’ del s., un fenomeno creato da un’insieme di vibrazioni di periodo diverso, la cui risultante è un’onda complessa che caratterizza proprio quel s. rispetto ad altri. Il timbro non indica solamente la sorgente (voce, fiati, percussioni, archi, ecc.), ma ne descrive anche le qualità sonore (metallica, legnosa, fine, ricca, ovattata, ecc.). Questa qualità sonora è caratterizzata da altri tre elementi strutturali del s.: l’attacco, la durata e il decay (gradiente di attenuazione).
L’attacco indica come il s. inizia. Può essere graduale, soffice, duro, immediato, graffiante, ecc. Attacchi rapidi suggeriscono sensazioni di eccitamento, pericolo o aggressività, mentre attacchi morbidi o graduali implicano gentilezza, calma e atmosfera serena.
La durata si riferisce a quanto un s. si prolunga nel tempo. S. brevi, repentini, indicano eccitazione, movimento, nervosismo, mentre s. lunghi e sostenuti indicano persistenza, senso di pace o di noia.
Il decay indica il modo e la velocità con cui un s. passa da un certo volume al livello di non udibilità; può essere veloce, graduale, lento, modulato. Quando il s. sfuma velocemente si ha una sensazione di chiusura, vicinanza, caratterizzazione del s., mentre quando il s. sfuma lentamente si ha una sensazione di distanza, incertezza, mancanza di definizione.
I s. udibili dalla persona umana sono compresi tra i 20 e i 20.000 Hz. I fenomeni sonori al di sotto dei 20 Hz sono chiamati infrasuoni, mentre quelli al di sopra dei 20.000 Hz ultrasuoni. L’esperienza sonora avviene attraverso tre fasi: la ricezione delle onde sonore, la loro trasformazione in impulsi nervosi e la loro elaborazione a livello cerebrale.
La ricchezza del paesaggio sonoro dipende da vari fattori. Nel suo studio, Schafer individua come strumenti di analisi tre categorie: keynote sound (suoni chiave), signals (segnali sonori) e soundmarks (marchi sonori).
Keynote è un termine musicale che identifica la tonalità di un pezzo musicale. La chiave sonora di un paesaggio sonoro è data dal suo aspetto geografico e climatico: l’acqua, il vento, la vegetazione, gli insetti, gli animali, l’attività dell’uomo. La keynote non è percepita consciamente. Parlando in termini di ‘figura’ e ‘sfondo’, si pone come ‘sfondo’ ad altri eventi sonori. La keynote è ciò che fa sì che il deserto del Sahara sia deserto e non la foresta Amazzonica o un centro metropolitano. Si potrebbe paragonare a una struttura architettonica in cui gli elementi portanti principali e il design costituiscono la chiave sonora sulla quale accadranno eventi sonori ‘figura’.
I signals sono eventi sonori ‘figura’ che accadono all’interno di uno ‘sfondo’ sonoro (keynote). Sono percepiti a livello conscio e possono essere organizzati anche in codici che permettono l’organizzazione di messaggi. Normalmente hanno uno scopo comunicativo orientato alla comunità territoriale. Basti pensare al s. delle campane, ai clacson delle automobili o alle sirene delle autoambulanze.
Il termine soundmark si riferisce a un s. o un insieme di s. caratteristici e significativi per la comunità che vive in quel territorio. Il s. delle acque delle cascate del Niagara non è semplicemente il s. di una cascata, ma per la comunità che vive in quel territorio è un s. tipico, un ‘marchio sonoro’. Analogamente, nel passato, il s. delle campane di una chiesa non scandiva semplicemente il tempo e il ritmo delle funzioni, ma caratterizzava la comunità cristiana di quel luogo e conferiva a essa il senso di appartenenza.
Siamo quindi immersi e circondati da paesaggi sonori spesso ignorati per abitudine e a causa di una cultura talmente orientata al visivo, da modificare l’approccio alla realtà attraverso un’atrofizzazione degli altri sensi. Lorenz Oken (1779-1851), ricercatore scientifico e filosofo del sec. XIX scrisse: "Gli occhi portano la persona nel mondo. Gli orecchi portano il mondo dentro la persona". Non si tratta di contrapporre l’occhio all’orecchio (non sono alternativi), ma di raggiungere un equilibrio. Sfortunatamente è solo in questi ultimi decenni che, allarmati dal grave inquinamento acustico, stiamo riprendendo coscienza della dimensione sonora. Stockhausen invita oggi a "vedere di più, udire di più, sentire di più". In questo ‘udire di più’ c’è il suggerimento di trovare il s. dietro il s., dietro la cacofonia delle città e dei media, e un invito a riscoprire il silenzio che John Cage (1912-1992) descrive come la somma simultanea di tutti i suoni dell’ambiente. La qualità della vita e il grado di civilizzazione dipendono anche dalla qualità dei paesaggi sonori che sappiamo creare attorno a noi.
Il significato che un s. assume all’interno di una produzione televisiva o cinematografica dipende dal contesto e dall’intenzione comunicativa che gli si vuole attribuire. Da questo punto di vista comunicativo si può affermare che sono suoni tutte le vibrazioni organizzate e contestualizzate per trasmettere significati, mentre è rumore tutto ciò che, pur essendo s., non ha uno scopo comunicativo e quindi non è né organizzato né contestualizzato.
Supponiamo che mentre state leggendo il giornale, comodamente seduti nella vostra poltrona, improvvisamente sentiate una brusca frenata e poi un violento scontro. Immediatamente, vi alzate, andate alla finestra e cercate di vedere cosa è successo. I due s. sono stati per voi rumore, sono cioè accaduti inaspettatamente fuori dal vostro controllo, e hanno interrotto la vostra attività. Immaginiamo, ora, che voi stiate lavorando alla colonna sonora di un film d’azione, in una scena del quale si assiste a un inseguimento di auto, che finisce con un violento scontro. Ciò che userete per rappresentare l’impatto sarà in questo caso un s., perché svolge una funzione comunicativa nel contesto della scena e del film al quale state lavorando.
Saper usare i s. per strutturare esperienze comunicative diventa quindi un’arte, che si può paragonare per certi aspetti all’architettura, per altri all’arte culinaria. All’architettura, perché il s., più dell’immagine, è un’esperienza immersiva, tridimensionale, paragonabile alla visita a un museo, all’immersione in un fluido o in un paesaggio che si muove attorno a noi. All’arte culinaria, perché non è la semplice mescolanza di prodotti che rende un piatto prelibato, ma è la selezione degli ingredienti, la quantità e qualità dei sapori e dei tempi di cottura che determinano la sua bontà. È importante, al fine di comunicare con i s., conoscere le loro caratteristiche e funzioni, e sviluppare il senso dell’ascolto per saper strutturare esperienze sonore ricche di significato e di immagini (Amplificazione della parola e ascolto).
Il s. più ricco di informazione è certamente la parola. Se è vero che un’immagine vale mille parole, è vero anche il contrario. Provate a esprimere con immagini o gesti concetti come libertà, pace, giustizia, amore, ecc., oppure componete con immagini una semplice frase come: "ci vediamo alle cinque per un tè". La parola ancora prima di essere contenuto è s., non c’è voce che non abbia un suo timbro, un’inflessione, un ritmo, un tono. Questi elementi, alla frase "ci vediamo alle cinque per un tè" aggiungono informazioni per il nostro interlocutore sul nostro umore, carattere, sensibilità sia nei confronti dell’argomento di cui stiamo parlando, sia nei confronti della persona o delle persone che ci stanno ascoltando. Dal dialogo informale, quotidiano fra persone a quello strutturato, pensato e interpretato del teatro, del cinema, della televisione o della radio, il s. costruisce e organizza esperienze di significati, emozioni, e sensazioni. Il s. per esser tale ha bisogno del silenzio che non è assenza di s., ma un s. con un significato tutto particolare. Si potrebbe in un certo senso dire che s. è ciò che esiste tra un ‘s. di silenzio’ e l’altro. Infatti, ciò che chiamiamo silenzio, è una situazione sonora di massima calma dove lo stesso ‘s. del silenzio’ vi informa. Ci sono silenzi che sono più eloquenti di molti discorsi.
4.2. Descrivere e raccontare.
Il s., in modo analogo alla luce e ai colori, descrive paesaggi, emozioni, ambienti, caratteri, attraverso contrapposizioni e composizioni di chiaro-scuro, lontananza e vicinanza, continuità e discontinuità, movimento e staticità, il che è molto di più di un semplice informare. Il s. è tensione, pulsazione, esplosione, implosione, ritmo, esperienza totale nella quale si è coinvolti, immersi, e assorbiti a tutti i livelli, cognitivo, affettivo e corporeo. Il s. quindi crea, racconta, descrive e interpreta il luogo, lo spazio, il tempo, le situazioni, gli eventi e le emozioni.
Il luogo: ci sono suoni naturali che descrivono l’ambiente: foresta, mare, città ecc. sono polifonie di suoni che dipingono il paesaggio sonoro. Oggi la tecnologia permettere di costruire suoni che non esistono in natura moltiplicando le possibilità ‘policrome’ dell’esperienza sonora.
Lo spazio: aggiunge al luogo la dimensione tridimensionale, ne diviene l’interprete. Il riverbero delle onde nell’ambiente è l’invisibile architetto dello spazio sonoro. È come se si passasse da un’opera dipinta a una scolpita, ora lo spazio penetra lo stesso paesaggio sonoro. L’ascoltatore riesce così a interpretare non solo il luogo, ma anche la sua composizione.
Il tempo: i suoni descrivono stagioni, epoche, parti della giornata, ma ancora di più entrano nel nostro vissuto soggettivo e stabiliscono un rapporto con l’esperienza che stiamo vivendo e la sua percezione temporale. Ci sono suoni che danno il senso dell’eterno e suoni che si riducono a meteore che solcano il cielo dell’esistenza.
4.3. Interpretare.
Il s. è testimone e interprete delle situazioni, dalle più comiche alle più tragiche. L’atmosfera sonora di un funerale e quella di un matrimonio sono due esempi classici in cui i s. interpretano e celebrano emozioni profonde: se i s. venissero scambiati verrebbero a crearsi delle situazioni paradossali e insopportabili.
Gli eventi: il s. è interprete degli eventi. Dalle teofanie bibliche alle guerre, dalle liturgie sacre ai concerti rock, il s. è il grande protagonista dell’evento. C’è un pericoloso connubio fra s. e potere, che si manifesta puntualmente proprio nei grandi eventi spettacolari, ed è forse per questo che gli avvenimenti più significativi della vita di una persona hanno bisogno del s. del silenzio.
Le emozioni: dai gemiti del bambino che nasce, fino all’angoscia dell’uomo di fronte alla morte le nostre emozioni sono un avvicendarsi di vibrazioni sonore. La musica è stata ed è per eccellenza la grande interprete dei sentimenti dell’uomo.
4.4. Energizzare.
Analogamente alla luce, ci sono s. che trasmettono una forte esperienza energetica e altri, al contrario, sono capaci di smorzare qualsiasi impeto. La tavolozza dei s. a disposizione oggi è notevolmente aumentata grazie alla possibilità di generarli sinteticamente. Il s. e la musica sono stati usati da sempre dall’uomo come elementi energizzanti, nelle feste popolari laiche o religiose, negli avvenimenti politici o sociali: il s. è parte integrante dell’evento celebrativo. John Blacking (1928-1990) afferma che le nostre attitudini e la nostra visione del mondo sono il risultato della danza e della canzone. È stato notato come il s. susciti, a livello fisico, risposte simili in persone diverse fisicamente e culturalmente. Probabilmente nel s. e in particolare nella musica risiede questa capacità di attrarre persone insieme e creare un senso di unità.
La campionatura e il trattamento elettronico dei suoni naturali ha aperto orizzonti fino a ora sconosciuti. Gli impianti di riproduzione offrono oggi fedeltà e capacità di enfatizzare l’evento sonoro rendendolo sempre più definito e intenso. Produzioni sonore 3D (s. tridimensionale) o con DBS (Dolby surrounded) hanno dato un forte contributo al cinema nel renderlo un’esperienza sempre più immersiva. La realtà virtuale è l’ultimo orizzonte per esperienze totali sfruttando l’intera gamma dei nostri sensi.
4.5. Progettare l’ambiente sonoro.
L’ambiente sonoro in cui si vive non può essere semplicemente il risultato casuale della nostra cultura, un sottoprodotto accidentale che si traduce spesso in una cacofonia. Coloro che progettano gli ambienti, le città, gli spazi, dovrebbero preoccuparsi anche della loro dimensione acustica. Schafer individua quattro principi da prendere in considerazione quando si progetta un paesaggio sonoro:
1) rispetto per la voce e per l’udito. Quando queste due funzioni non possono essere esercitate senza sforzo, l’ambiente è da considerarsi dannoso;
2) coscienza del simbolismo sonoro. È molto di più della funzione di segnale. L’abuso della ‘musica’ in ascensori, supermercati, aeroporti e altri ambienti, per coprire altri rumori, non solo maschera il problema dell’inquinamento acustico, ma distrugge il significato simbolico della stessa musica che viene ridotta a materiale ovattante, a muzak (dal nome di una delle ditte specializzate nel produrre questi sfondi sonori);
3) conoscenza dei ritmi e dei tempi del paesaggio sonoro naturale. Abitualmente immersi in ambienti del tutto artificiali diventa difficile riconoscere l’ambiente naturale, che viene ricercato solo come fuga dallo stress;
4) comprensione dei meccanismi di bilanciamento attraverso i quali un paesaggio sonoro eccentrico potrebbe ritorcersi su se stesso. È la ricerca di un equilibrio; e proprio perché equilibrio, è continuo il pericolo di passare da un estremo all’altro.
Questo compito non può essere affidato solamente agli architetti o ai tecnici del s., ma è un compito dell’artista che deve aprire nuovi modi di percepire e descrivere stili alternativi di vita. Per chi vive nelle metropoli diventa difficile trovare spazi di silenzio o luoghi dove si possa tranquillamente immergersi in un ambiente acustico naturale.
Un’onda si può definire come una perturbazione in cui avviene un trasporto di energia e informazione da un posto all’altro attraverso un medium, senza che questo venga trasformato. Il s., quindi, è una perturbazione prodotta dalla vibrazione di corpi elastici, che si trasmette nel medium circostante, normalmente l’aria, propagandosi attraverso dei movimenti di condensazione e rarefazione molecolare con andamento periodico a forma d’onda.
1. Caratteri del s.
Tre sono i caratteri fisici del s.: l’altezza, l’intensità e il timbro. Tali caratteri però vengono interpretati e vissuti in modo a seconda dei contesti nei quali noi facciamo l’esperienza sonora. Questa esperienza è quindi realtà complessa che si innesta all’interno del paesaggio sonoro e culturale in cui si vive.L’altezza di un s. è determinata dalla frequenza delle sue vibrazioni. Più la frequenza è alta, più il s. viene percepito come acuto, più è bassa, e più viene percepito come grave. Un s. acuto può dare un senso di delicatezza, di brillantezza, o anche di irritazione. Un s. grave può suscitare un senso di mistero, di tragedia o di pace.
L’intensità è determinata dall’ampiezza delle vibrazioni, dalla quantità cioè di molecole perturbate. Maggiore è l’ampiezza della vibrazione, maggiore sarà la quantità di molecole coinvolte durante il fenomeno vibratorio e più intensa risulterà l’esperienza sonora. Un s. forte suggerisce forza, potenza, importanza, vicinanza, mentre un s. debole dà la sensazione di distanza, fragilità, tranquillità, morbidezza.
Il timbro è caratterizzato dalla forma d’onda. Si può pensare alla forma d’onda come al ‘carattere’ o ‘colore’ del s., un fenomeno creato da un’insieme di vibrazioni di periodo diverso, la cui risultante è un’onda complessa che caratterizza proprio quel s. rispetto ad altri. Il timbro non indica solamente la sorgente (voce, fiati, percussioni, archi, ecc.), ma ne descrive anche le qualità sonore (metallica, legnosa, fine, ricca, ovattata, ecc.). Questa qualità sonora è caratterizzata da altri tre elementi strutturali del s.: l’attacco, la durata e il decay (gradiente di attenuazione).
L’attacco indica come il s. inizia. Può essere graduale, soffice, duro, immediato, graffiante, ecc. Attacchi rapidi suggeriscono sensazioni di eccitamento, pericolo o aggressività, mentre attacchi morbidi o graduali implicano gentilezza, calma e atmosfera serena.
La durata si riferisce a quanto un s. si prolunga nel tempo. S. brevi, repentini, indicano eccitazione, movimento, nervosismo, mentre s. lunghi e sostenuti indicano persistenza, senso di pace o di noia.
Il decay indica il modo e la velocità con cui un s. passa da un certo volume al livello di non udibilità; può essere veloce, graduale, lento, modulato. Quando il s. sfuma velocemente si ha una sensazione di chiusura, vicinanza, caratterizzazione del s., mentre quando il s. sfuma lentamente si ha una sensazione di distanza, incertezza, mancanza di definizione.
I s. udibili dalla persona umana sono compresi tra i 20 e i 20.000 Hz. I fenomeni sonori al di sotto dei 20 Hz sono chiamati infrasuoni, mentre quelli al di sopra dei 20.000 Hz ultrasuoni. L’esperienza sonora avviene attraverso tre fasi: la ricezione delle onde sonore, la loro trasformazione in impulsi nervosi e la loro elaborazione a livello cerebrale.
2. Il paesaggio sonoro
Schafer (1998) parla del s. come paesaggio sonoro (soundscape), cioè come una realtà complessa e articolata nella quale accadono eventi sonori che possono cambiare nel tempo a causa dell’intervento dell’uomo. Ripercorrendo la storia umana si notano dei cambiamenti radicali nel paesaggio sonoro: il passaggio dalla vita nomade alla vita agricola e il passaggio dalla società agricola a quella industriale. In particolare, con l’ultimo si sono inseriti nel nostro habitat s. con caratteristiche che differiscono in qualità e intensità da ogni s. conosciuto in natura.La ricchezza del paesaggio sonoro dipende da vari fattori. Nel suo studio, Schafer individua come strumenti di analisi tre categorie: keynote sound (suoni chiave), signals (segnali sonori) e soundmarks (marchi sonori).
Keynote è un termine musicale che identifica la tonalità di un pezzo musicale. La chiave sonora di un paesaggio sonoro è data dal suo aspetto geografico e climatico: l’acqua, il vento, la vegetazione, gli insetti, gli animali, l’attività dell’uomo. La keynote non è percepita consciamente. Parlando in termini di ‘figura’ e ‘sfondo’, si pone come ‘sfondo’ ad altri eventi sonori. La keynote è ciò che fa sì che il deserto del Sahara sia deserto e non la foresta Amazzonica o un centro metropolitano. Si potrebbe paragonare a una struttura architettonica in cui gli elementi portanti principali e il design costituiscono la chiave sonora sulla quale accadranno eventi sonori ‘figura’.
I signals sono eventi sonori ‘figura’ che accadono all’interno di uno ‘sfondo’ sonoro (keynote). Sono percepiti a livello conscio e possono essere organizzati anche in codici che permettono l’organizzazione di messaggi. Normalmente hanno uno scopo comunicativo orientato alla comunità territoriale. Basti pensare al s. delle campane, ai clacson delle automobili o alle sirene delle autoambulanze.
Il termine soundmark si riferisce a un s. o un insieme di s. caratteristici e significativi per la comunità che vive in quel territorio. Il s. delle acque delle cascate del Niagara non è semplicemente il s. di una cascata, ma per la comunità che vive in quel territorio è un s. tipico, un ‘marchio sonoro’. Analogamente, nel passato, il s. delle campane di una chiesa non scandiva semplicemente il tempo e il ritmo delle funzioni, ma caratterizzava la comunità cristiana di quel luogo e conferiva a essa il senso di appartenenza.
Siamo quindi immersi e circondati da paesaggi sonori spesso ignorati per abitudine e a causa di una cultura talmente orientata al visivo, da modificare l’approccio alla realtà attraverso un’atrofizzazione degli altri sensi. Lorenz Oken (1779-1851), ricercatore scientifico e filosofo del sec. XIX scrisse: "Gli occhi portano la persona nel mondo. Gli orecchi portano il mondo dentro la persona". Non si tratta di contrapporre l’occhio all’orecchio (non sono alternativi), ma di raggiungere un equilibrio. Sfortunatamente è solo in questi ultimi decenni che, allarmati dal grave inquinamento acustico, stiamo riprendendo coscienza della dimensione sonora. Stockhausen invita oggi a "vedere di più, udire di più, sentire di più". In questo ‘udire di più’ c’è il suggerimento di trovare il s. dietro il s., dietro la cacofonia delle città e dei media, e un invito a riscoprire il silenzio che John Cage (1912-1992) descrive come la somma simultanea di tutti i suoni dell’ambiente. La qualità della vita e il grado di civilizzazione dipendono anche dalla qualità dei paesaggi sonori che sappiamo creare attorno a noi.
3. S. come comunicazione
Non si può ignorare oggi la funzione del s. all’interno dei media, sia quelli tradizionali (cinema, radio, televisione), sia quelli più moderni (computer, segreterie telefoniche, cellulari ecc.). Il s. non solo svolge importanti funzioni informative e di feedback, ma è anche un elemento estetico, interpretativo, ed essenziale per la comunicazione.Il significato che un s. assume all’interno di una produzione televisiva o cinematografica dipende dal contesto e dall’intenzione comunicativa che gli si vuole attribuire. Da questo punto di vista comunicativo si può affermare che sono suoni tutte le vibrazioni organizzate e contestualizzate per trasmettere significati, mentre è rumore tutto ciò che, pur essendo s., non ha uno scopo comunicativo e quindi non è né organizzato né contestualizzato.
Supponiamo che mentre state leggendo il giornale, comodamente seduti nella vostra poltrona, improvvisamente sentiate una brusca frenata e poi un violento scontro. Immediatamente, vi alzate, andate alla finestra e cercate di vedere cosa è successo. I due s. sono stati per voi rumore, sono cioè accaduti inaspettatamente fuori dal vostro controllo, e hanno interrotto la vostra attività. Immaginiamo, ora, che voi stiate lavorando alla colonna sonora di un film d’azione, in una scena del quale si assiste a un inseguimento di auto, che finisce con un violento scontro. Ciò che userete per rappresentare l’impatto sarà in questo caso un s., perché svolge una funzione comunicativa nel contesto della scena e del film al quale state lavorando.
Saper usare i s. per strutturare esperienze comunicative diventa quindi un’arte, che si può paragonare per certi aspetti all’architettura, per altri all’arte culinaria. All’architettura, perché il s., più dell’immagine, è un’esperienza immersiva, tridimensionale, paragonabile alla visita a un museo, all’immersione in un fluido o in un paesaggio che si muove attorno a noi. All’arte culinaria, perché non è la semplice mescolanza di prodotti che rende un piatto prelibato, ma è la selezione degli ingredienti, la quantità e qualità dei sapori e dei tempi di cottura che determinano la sua bontà. È importante, al fine di comunicare con i s., conoscere le loro caratteristiche e funzioni, e sviluppare il senso dell’ascolto per saper strutturare esperienze sonore ricche di significato e di immagini (Amplificazione della parola e ascolto).
4. Funzioni del s.
4.1. Informare.Il s. più ricco di informazione è certamente la parola. Se è vero che un’immagine vale mille parole, è vero anche il contrario. Provate a esprimere con immagini o gesti concetti come libertà, pace, giustizia, amore, ecc., oppure componete con immagini una semplice frase come: "ci vediamo alle cinque per un tè". La parola ancora prima di essere contenuto è s., non c’è voce che non abbia un suo timbro, un’inflessione, un ritmo, un tono. Questi elementi, alla frase "ci vediamo alle cinque per un tè" aggiungono informazioni per il nostro interlocutore sul nostro umore, carattere, sensibilità sia nei confronti dell’argomento di cui stiamo parlando, sia nei confronti della persona o delle persone che ci stanno ascoltando. Dal dialogo informale, quotidiano fra persone a quello strutturato, pensato e interpretato del teatro, del cinema, della televisione o della radio, il s. costruisce e organizza esperienze di significati, emozioni, e sensazioni. Il s. per esser tale ha bisogno del silenzio che non è assenza di s., ma un s. con un significato tutto particolare. Si potrebbe in un certo senso dire che s. è ciò che esiste tra un ‘s. di silenzio’ e l’altro. Infatti, ciò che chiamiamo silenzio, è una situazione sonora di massima calma dove lo stesso ‘s. del silenzio’ vi informa. Ci sono silenzi che sono più eloquenti di molti discorsi.
4.2. Descrivere e raccontare.
Il s., in modo analogo alla luce e ai colori, descrive paesaggi, emozioni, ambienti, caratteri, attraverso contrapposizioni e composizioni di chiaro-scuro, lontananza e vicinanza, continuità e discontinuità, movimento e staticità, il che è molto di più di un semplice informare. Il s. è tensione, pulsazione, esplosione, implosione, ritmo, esperienza totale nella quale si è coinvolti, immersi, e assorbiti a tutti i livelli, cognitivo, affettivo e corporeo. Il s. quindi crea, racconta, descrive e interpreta il luogo, lo spazio, il tempo, le situazioni, gli eventi e le emozioni.
Il luogo: ci sono suoni naturali che descrivono l’ambiente: foresta, mare, città ecc. sono polifonie di suoni che dipingono il paesaggio sonoro. Oggi la tecnologia permettere di costruire suoni che non esistono in natura moltiplicando le possibilità ‘policrome’ dell’esperienza sonora.
Lo spazio: aggiunge al luogo la dimensione tridimensionale, ne diviene l’interprete. Il riverbero delle onde nell’ambiente è l’invisibile architetto dello spazio sonoro. È come se si passasse da un’opera dipinta a una scolpita, ora lo spazio penetra lo stesso paesaggio sonoro. L’ascoltatore riesce così a interpretare non solo il luogo, ma anche la sua composizione.
Il tempo: i suoni descrivono stagioni, epoche, parti della giornata, ma ancora di più entrano nel nostro vissuto soggettivo e stabiliscono un rapporto con l’esperienza che stiamo vivendo e la sua percezione temporale. Ci sono suoni che danno il senso dell’eterno e suoni che si riducono a meteore che solcano il cielo dell’esistenza.
4.3. Interpretare.
Il s. è testimone e interprete delle situazioni, dalle più comiche alle più tragiche. L’atmosfera sonora di un funerale e quella di un matrimonio sono due esempi classici in cui i s. interpretano e celebrano emozioni profonde: se i s. venissero scambiati verrebbero a crearsi delle situazioni paradossali e insopportabili.
Gli eventi: il s. è interprete degli eventi. Dalle teofanie bibliche alle guerre, dalle liturgie sacre ai concerti rock, il s. è il grande protagonista dell’evento. C’è un pericoloso connubio fra s. e potere, che si manifesta puntualmente proprio nei grandi eventi spettacolari, ed è forse per questo che gli avvenimenti più significativi della vita di una persona hanno bisogno del s. del silenzio.
Le emozioni: dai gemiti del bambino che nasce, fino all’angoscia dell’uomo di fronte alla morte le nostre emozioni sono un avvicendarsi di vibrazioni sonore. La musica è stata ed è per eccellenza la grande interprete dei sentimenti dell’uomo.
4.4. Energizzare.
Analogamente alla luce, ci sono s. che trasmettono una forte esperienza energetica e altri, al contrario, sono capaci di smorzare qualsiasi impeto. La tavolozza dei s. a disposizione oggi è notevolmente aumentata grazie alla possibilità di generarli sinteticamente. Il s. e la musica sono stati usati da sempre dall’uomo come elementi energizzanti, nelle feste popolari laiche o religiose, negli avvenimenti politici o sociali: il s. è parte integrante dell’evento celebrativo. John Blacking (1928-1990) afferma che le nostre attitudini e la nostra visione del mondo sono il risultato della danza e della canzone. È stato notato come il s. susciti, a livello fisico, risposte simili in persone diverse fisicamente e culturalmente. Probabilmente nel s. e in particolare nella musica risiede questa capacità di attrarre persone insieme e creare un senso di unità.
La campionatura e il trattamento elettronico dei suoni naturali ha aperto orizzonti fino a ora sconosciuti. Gli impianti di riproduzione offrono oggi fedeltà e capacità di enfatizzare l’evento sonoro rendendolo sempre più definito e intenso. Produzioni sonore 3D (s. tridimensionale) o con DBS (Dolby surrounded) hanno dato un forte contributo al cinema nel renderlo un’esperienza sempre più immersiva. La realtà virtuale è l’ultimo orizzonte per esperienze totali sfruttando l’intera gamma dei nostri sensi.
4.5. Progettare l’ambiente sonoro.
L’ambiente sonoro in cui si vive non può essere semplicemente il risultato casuale della nostra cultura, un sottoprodotto accidentale che si traduce spesso in una cacofonia. Coloro che progettano gli ambienti, le città, gli spazi, dovrebbero preoccuparsi anche della loro dimensione acustica. Schafer individua quattro principi da prendere in considerazione quando si progetta un paesaggio sonoro:
1) rispetto per la voce e per l’udito. Quando queste due funzioni non possono essere esercitate senza sforzo, l’ambiente è da considerarsi dannoso;
2) coscienza del simbolismo sonoro. È molto di più della funzione di segnale. L’abuso della ‘musica’ in ascensori, supermercati, aeroporti e altri ambienti, per coprire altri rumori, non solo maschera il problema dell’inquinamento acustico, ma distrugge il significato simbolico della stessa musica che viene ridotta a materiale ovattante, a muzak (dal nome di una delle ditte specializzate nel produrre questi sfondi sonori);
3) conoscenza dei ritmi e dei tempi del paesaggio sonoro naturale. Abitualmente immersi in ambienti del tutto artificiali diventa difficile riconoscere l’ambiente naturale, che viene ricercato solo come fuga dallo stress;
4) comprensione dei meccanismi di bilanciamento attraverso i quali un paesaggio sonoro eccentrico potrebbe ritorcersi su se stesso. È la ricerca di un equilibrio; e proprio perché equilibrio, è continuo il pericolo di passare da un estremo all’altro.
Questo compito non può essere affidato solamente agli architetti o ai tecnici del s., ma è un compito dell’artista che deve aprire nuovi modi di percepire e descrivere stili alternativi di vita. Per chi vive nelle metropoli diventa difficile trovare spazi di silenzio o luoghi dove si possa tranquillamente immergersi in un ambiente acustico naturale.
Bibliografia
- AUGÉ M., Non luoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1997.
- BALLOU Glen (ed.), Handbook for sound engineers, Focal Press, Oxford 2015 (5.a ed.).
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Pasqualetti Fabio , Suono, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/11/2024).
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