Telefono
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Autore: Prisco Vicidomini
Un modello di telefono Ericsson del 1923 in versione gigante conservato al Museo Statale di Goteborg
L’invenzione dell’apparecchio telefonico è controversa. L’italiano emigrato in America Antonio Meucci, P. Reis in Germania e C. Bourseul in Francia compirono negli anni Sessanta dell’Ottocento sperimentazioni di trasmissioni a distanza della voce umana. Meucci brevettò il suo t. (un diaframma vibrante collegato a un magnete) nel 1871. L’americano Graham Bell depositò un brevetto simile il 14 febbraio 1876, lo stesso giorno in cui fu depositato il brevetto di Elisha Gray. Ne sorse una lunga contesa che si concluse nel 1886 con una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti in favore di Meucci. Nel frattempo il suo brevetto era però scaduto. Successivamente vi furono i perfezionamenti dovuti a Thomas Alva Edison e David Edward Hughes.
Il primo collegamento telefonico pubblico venne realizzato nel 1878 a New Haven con 21 utenti ed era dotato di un centralino manuale di smistamento. Nel 1891 fu introdotto il centralino automatico basato su selettori elettromeccanici e gli apparecchi furono dotati di un disco combinatore. Significativi miglioramenti si ebbero nella trasmissione a lunga distanza con l’introduzione delle bobine (1913), così come con la multifrequenza (1918), che consentiva più collegamenti sulla stessa linea. Ulteriori passi furono l’introduzione del cavo coassiale (1936), la trasmissione intercontinentale via cavo (1956) e quella via satellite (1962).
La tendenza a considerare il nuovo apparecchio un mezzo per la comunicazione interpersonale senza intermediari si afferma già alla fine dell’Ottocento: il t. ha un uso prevalentemente commerciale e professionale sottraendo al telegrafo la nicchia di utenza più redditizia. La nuova tecnologia prevede la costituzione di una fitta rete di collegamenti che oltre a essere ‘fisici’ (come per il telegrafo) risultano anche ‘sociali’, cioè si realizzano all’interno di una comunità o di un gruppo omogeneo. Proprio la necessità di mettere in contatto continuo tra loro i grandi dirigenti di industrie e aziende private, favorirà la nascita di un uso ‘privato’ del mezzo. Dalla rete fisica che unisce gli uffici si diramano nuovi collegamenti verso le residenze private dei dirigenti che, da casa, possono continuare a gestire l’azienda e impartire ordini ai dipendenti.
La particolare situazione delle comunità rurali americane, nei primi del Novecento (poche fattorie fisicamente distanti tra loro in uno spazio pressoché sterminato), indicherà un nuovo modello d’uso ai gestori del servizio telefonico. Oltre che a impartire ordini per i dipendenti, il t. serve anche a collegare tra loro persone fisicamente distanti favorendo la comunicazione e il senso d’appartenenza a una comunità definita, sebbene disseminata sul vastissimo territorio. Si affermano dunque le cosiddette ‘visite telefoniche’, vale a dire comunicazioni non d’emergenza o d’affari ma semplici ‘chiacchierate’ tra persone distanti. La diversa situazione rurale della Francia e dell’Europa (comunità fisicamente unite in borghi più o meno grandi) inibirà per molto tempo questo nuovo utilizzo del mezzo nel vecchio continente e solo un’aggressiva politica di ‘penetrazione’ condotta dai gestori del servizio (come quella verificatasi in Italia), con abbassamento dei costi di utenza, annullamento delle spese d’installazione, ecc., permetterà lo sviluppo di reti telefoniche nazionali. Nelle città la diffusione del t. per uso privato segue il processo di urbanizzazione delle periferie: il nuovo apparecchio consente di mantenere saldi i legami altrimenti sfilacciati dalla necessità di abbandonare il proprio luogo di nascita per spostarsi in zone più industrializzate.
La storia degli usi del t. ha subìto recentemente un’improvvisa accelerazione, caratterizzata dall’avvento delle forme di comunicazione telematica, per cui il ‘mezzo’ telefonico, diventato una sorta di periferica dell’elaboratore elettronico domestico, trasmette e riceve non più solo la voce ma anche dati, immagini e tutto quello che sia possibile convertire in formato digitale.
Il mercato europeo, che era caratterizzato dal regime monopolistico dei gestori del servizio, si apre sul modello americano alle privatizzazioni e ai grandi colossi delle telecomunicazioni. I nuovi gestori rilanciano l’offerta ormai stagnante (a causa del livello 0 raggiunto dalla penetrazione telefonica) con nuovi servizi e nuovi profili tariffari, in un regime di alleanze con mezzi di comunicazione diversi per la gestione della cosiddetta offerta multimediale.
In Italia, tale spinta verso la concorrenza è stata favorita dal massiccio impatto che il t. portatile, prima, e quello cellulare, poi, hanno avuto sulla società. Il tasso di penetrazione della telefonia mobile è cresciuto a ritmi vertiginosi grazie anche all’offerta di tariffe diversificate e servizi di alta tecnologia per la gestione delle comunicazioni, come l’invio di fax o e-mail tramite cellulare. (Storia della comunicazione)
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Bibliografia
- BORRELLI Davide, Il telefono, Esselibri, Napoli 2000.
- CARRÉ Patrice-Alexandre, Le téléphone. Le mond à la portée de voix, Gallimard, Paris 1993.
- FISCHER Claude S., Storia sociale del telefono. America in linea 1876-1940, UTET, Torino 1994.
- FLICHY Patrice, Storia della comunicazione moderna. Sfera pubblica e dimensione privata, Baskerville, Bologna 1994.
- HOPPER Robert, Telephone conversation, Indiana University Press, Bloomington (IN) 1992.
- HOUZE Roger, Le téléphone, Bordas, Paris 1998.
- POOL Ithiel de Sola, The social impact of the telephone, MIT Press, Cambridge (MA) 1977.
- WINSTON Brian, Media technology and society. A history: from the telegraph to the Internet, Routledge, London 1998.
- YOUNG Peter, Person to person. The international impact of the telephone, Granta Editions, Cambridge 1991.
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Come citare questa voce
Vicidomini Prisco , Telefono, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (06/12/2024).
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