Marketing

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1. Definizione

Il m. è la gestione degli scambi o meglio, e più in generale, delle transazioni. Si tratta della definizione che meglio risponde alla natura di una disciplina sul cui contenuto non sembra esserci quella chiarezza che pure sarebbe, oltre che auspicabile, necessaria e opportuna, se non altro perché di marketing si parla in ogni occasione e nelle sedi più diverse.
Le alternative alla definizione proposta possono essere raggruppate in tre categorie:
a) definizioni ‘descrittive’: sono tutte quelle, che vanno per la maggiore in Italia, che tentano di definire il m. attraverso l’indicazione delle materie cui la disciplina si attaglia. "Il m. è la pubblicità e le ricerche di mercato"; "il m. si occupa delle strategie di concorrenza sui mercati"; "il m. cura il lancio dei prodotti sui mercati, delle promozioni della vendita e della pubblicità" (Eldridge,1967);
b) definizioni ‘generiche’: "il m. è una filosofia d’impresa"; "il m. è una tecnica di approccio ai mercati"; "il m. è il privilegiare il consumatore";
c) definizioni ‘pseudo scientifiche’; quella della Camera di Commercio degli Stati Uniti "M. is distribution" e quella di Philip Kotler "il m. è una attività umana diretta a facilitare e a realizzare gli scambi" (Kotler, 1986) sono tra queste ultime.
In tutti casi, non si tratta di definizioni nel senso proprio del termine. Esse non ‘distinguono’, per ragioni diverse, il m. da altre discipline e neppure lo descrivono, se non in modo così incompleto da divenire inaccettabile.

2. M. ed economia

Il m. è la gestione delle transazioni. A questa definizione si giunge partendo da semplici osservazioni su quanto in effetti accade nel mondo del mercato e della economia inteso nel modo più classico e, se si vuole, concreto: in quel mondo, cioè, al quale si guarda come ‘luogo dello scambio’ (mercato) e ‘scienza e pratica della creazione della ricchezza’ (economia). Dunque, in un particolare settore delle transazioni. E quanto accade nella realtà economica attraverso il mercato null’altro è se non la soddisfazione di bisogni attraverso la domanda e l’offerta – e quindi lo scambio – di beni e di servizi, esprimendo con un prezzo il risultato della soluzione dei conflitti di interesse che si generano.
Dunque, ai fini della soddisfazione dei bisogni da chiunque espressi, quello che veramente rileva è lo scambio nel suo complesso. Non questa o quella componente di esso, ma lo scambio nella sua interezza, fatto di sei elementi fondamentali e comuni a tutti i tipi di scambio (la domanda, l’offerta, il prodotto, il luogo e il tempo e il modo) e di uno che si usa assumere come tipico dello scambio di natura economica: il prezzo.

2.1. M. e domanda.
Il fatto di essere portatori di bisogni non significa di per sé che si faccia anche parte di quella che chiamiamo ‘domanda’. Anche soltanto in termini di categoria generale, perché di ‘domanda’ possa parlarsi occorre che i bisogni siano noti: tutti coloro che sanno di trovarsi in un determinato stato di insoddisfazione possono essere definiti domanda. Ma questa categoria generale si distingue in: domanda attuale, costituita da tutti coloro che hanno deciso di attivarsi per soddisfare in tutto o in parte il proprio bisogno; e domanda potenziale, a sua volta costituita da tutti coloro che non hanno ancora deciso di attivarsi. Gestire gli scambi dal punto di vista della domanda significa organizzarsi per ottenere la migliore soddisfazione possibile dei bisogni ai quali si è deciso di provvedere. La possibilità di distinguere tra una domanda attuale e una domanda potenziale consente di individuare almeno due settori diversi di attività da parte della offerta: uno diretto a migliorare l’atteggiamento (in senso lato, di quantità e di qualità) della domanda nei confronti della struttura che si attiva e che ha per oggetto la domanda attuale; l’altro, che è diretto a ‘creare nuova domanda’ e che si sostanzia nel far prendere atto dell’esistenza del bisogno e nello spingere alla sua soddisfazione attraverso l’acquisto di beni o di servizi o di entrambi.

2.1.1. M. e ‘creazione di bisogni’.
È appena il caso di sottolineare come l’affermazione "il m. crea nuovi bisogni" sia quanto meno impropria. Il m. non crea qualcosa dal nulla, ma porta in evidenza stati di insoddisfazione ulteriori, poiché, attraverso la soddisfazione di bisogni posti ai vertici della scala personale e sociale, vengono avvertiti quelli immediatamente successivi che ne occupano i gradini più bassi.
Le attività di m. possono anche essere dirette a far venire in evidenza più rapidamente bisogni di grado assai basso, ma in ogni caso mai si tratta di ‘creazione di nuovi bisogni’, bensì di accelerazione della presa di coscienza o, se si vuole, di inversione delle posizioni sulla scala delle intensità.

2.2. M. e offerta.
Il disporre da parte della ‘offerta’ di beni e di servizi genericamente in grado di soddisfare in tutto o in parte bisogni non significa di per sé che lo scambio possa divenire attuale. E, in particolare, non genera, di per sé, un mercato. Gestire lo scambio dal punto di vista della offerta significa organizzarsi perché esso si specifichi, nasca e si sviluppi nella direzione voluta: che sia cioè adatto a raggiungere al meglio l’obiettivo cercato. Questo obiettivo cambia, nella pratica, a seconda della natura dell’operatore che offre, ma in generale si può affermare che si tratta sempre della soddisfazione totale o parziale di bisogni propri attuata attraverso la soddisfazione di specifici bisogni di cui altri sono portatori diretti e primari.
Una offerta positivamente attiva in genere opera secondo un iter abbastanza ben definito:
1) disegna lo scenario attuale, il mondo esterno nel quale opera e con il quale si confronta (o intende farlo, se ancora non è operante in concreto);
2) disegna lo scenario futuro: il mondo esterno quale sarà anche in funzione della sua presenza;
3) individua i propri bisogni o, se si preferisce, la propria missione. In altre parole, conosce se stessa e decide come realizzarsi nel mondo degli scambi; 4) individua il o i luoghi, i tipi di scambio e i tempi che meglio appaiono adatti alle proprie aspirazioni di vita;
5) individua in quel mondo bisogni insoddisfatti o solo parzialmente soddisfatti o, ancora, soddisfatti secondo modalità per qualche verso non coerenti;
6) sceglie, tra le diverse possibilità, quella o quelle che meglio sembrano rispondere ai propri obiettivi generali;
7) specifica gli obiettivi primari e quelli di grado ulteriore; 8) individua e dispone le risorse;
9) ne pianifica l’uso;
10) organizza la struttura e determina le procedure;
11) controlla i risultati.
Vale appena notare come tutto questo realizzi i capitoli fondamentali di una pianificazione di m. vista dalla posizione di un soggetto ‘produttore’. Ma è importante anche sottolineare come questi siano grosso modo gli stessi capitoli di una identica pianificazione che ‘l’utilizzatore’ mette in atto, sia pure in modo meno organizzato e consapevole.

2.3. M. e prodotto.
La pura e semplice esistenza di un prodotto – materiale o immateriale che sia – e quindi il solo suo essere risultato di una attività produttiva non è di per sé garanzia della nascita e dello sviluppo di uno scambio. Per poter essere oggetto di scambio, il prodotto deve presentare tre caratteristiche essenziali: la capacità di soddisfare in tutto o in parte bisogni; l’essere conosciuto; l’essere apprensibile. Nel mondo chiamato ‘mercato’ a queste caratteristiche corrispondono i fenomeni della ‘utilità’, della ‘comunicazione’ e della ‘distribuzione’. Gestire il prodotto significa realizzare il migliore equilibrio possibile tra questi elementi essenziali e fare in maniera che questo equilibrio sia a sua volta il migliore tra tutti gli equilibri degli stessi elementi presentati dagli altri prodotti che si pongono come adatti a soddisfare gli identici bisogni di riferimento, negli stessi ambiti geografici e temporali.
‘Gestire il prodotto’ significa anche, all’interno di una impresa, tutelare gli interessi che nel prodotto si evidenziano nei confronti di tutti gli altri ‘interessi-prodotto’ eventualmente esistenti nella impresa. Può affermarsi che questa ‘tutela dell’interesse-prodotto’ sia la ‘causa’ dell’attività del product manager.

2.3.1. M. e valori.
Tutto è ‘prodotto’. Non esiste alcunché che non sia qualificabile come ‘prodotto’. Né nel mondo degli uomini né in quello degli animali o delle piante. E neppure in quello delle idee, della morale, dell’etica, della libertà, della religione, della giustizia. Le stesse idee, morale, etica, libertà e giustizia e, con esse, tutti i ‘valori’ null’altro sono che prodotti, frutto dell’ordinamento di risorse a un determinato risultato. E questo risultato null’altro è se non, in senso lato, una transazione e, in senso più specifico, un consenso. Anche ai ‘valori’, quindi, si attaglia quanto stiamo esponendo a proposito del m.
E anche i valori, se li si vuole scambiare, devono avere le caratteristiche di capacità di soddisfazione di bisogni, di apprensibilità e di conoscenza.

2.4. M. e prezzo.
Che il prezzo sia il risultato dell’incontro della domanda e dell’offerta sul prodotto, in un determinato luogo e in un certo tempo, appare una sorta di tautologia attorno alla quale tutto è già stato detto. E il prezzo è certamente l’espressione di una valutazione che vede da un lato l’intensità del bisogno, la piacevolezza della sua soddisfazione e la penosità che deriva dai sacrifici che occorre fare per ottenere quella soddisfazione: è il prezzo psicologico espresso dalla domanda. Dall’altro, esiste una valutazione che l’offerta nel suo insieme dà e che esprime la copertura dei costi di produzione, di comunicazione e di distribuzione più l’utilità che essa si attende dallo scambio di cui il prodotto è oggetto: è il prezzo psicologico espresso dalla offerta. Quello che usualmente viene chiamato ‘prezzo di mercato’ è il risultato di un bilanciamento tra le due valutazioni psicologiche. Ed è un vero e proprio ‘prodotto’. Gestire il prezzo vuol dire indirizzare la valutazione finale verso un prodotto-prezzo che viene ritenuto il più adatto a soddisfare il bisogno di riferimento e dunque produrre, rendere noto e apprensibile il prezzo di mercato. È il pricing.

3. M. e transazioni ‘altre’ da quelle economiche

È certo che gli scambi cosiddetti economici non esauriscono il mondo delle transazioni, il quale, a nostro parere, è enormemente più vasto.
In una qualsiasi transazione – si nota – esiste comunque uno stato di insoddisfazione di partenza, in forza del quale il portatore è indotto ad attivarsi affinché esso possa trasformarsi in una diversa situazione, quanto meno di minore insoddisfazione, se non di piena e totale soddisfazione. E quando questo avviene, vuol dire che si è individuato un prodotto idoneo allo scopo, se ne è venuti in possesso e lo si è utilizzato. E vuol anche dire che si è creata una utilità. E, a ben guardare, si può individuare l’impegno di risorse: forse non esprimibili in ‘prezzo’ ma certamente non per questo trascurabili. Se questo è vero, nulla cambia rispetto a quanto più sopra considerato in tema di gestione degli scambi comunemente definiti ‘economici’ e, dunque, anche la gestione delle ‘altre’ transazioni è ‘m.’.

3.1. M. e ‘scambi intrapersonali’.
È assolutamente corretto e possibile considerare la persona portatrice di una determinata scala di bisogni diversa da se stessa quando divenga portatrice di una diversa scala di bisogni. Ed è dunque assolutamente corretto parlare di ‘scambio’ riferendoci a una sola persona fisica che, attraverso l’autoproduzione e l’autoconsumo di un bene o di un servizio, crei una utilità che la faccia ‘divenire un’altra’. E dunque, nulla vieta di applicare le considerazioni di cui al precedente punto 2. Anche a quelle situazioni che vedono un individuo ‘insoddisfatto’ che si trasforma in un individuo ‘più o meno soddisfatto’ in piena, perfetta e assoluta autonomia e indipendenza.

4. M. e utilità

Gestire lo scambio significa ordinare tutto il fenomeno al raggiungimento di una utilità identificata in un obiettivo. E poiché, come abbiamo visto, tutti gli scambi, di qualsiasi tipo, sono gestibili – è bene che vengano gestiti e gestiti correttamente! – significa che le utilità che ci si attende vengano realizzate riguardano ogni e qualsiasi tipo di scambio. Non soltanto lo scambio diretto a creare quella particolare utilità di tipo strettamente economico e privato che chiamiamo profitto, ma anche quella utilità di stampo spesso non economico e in genere pubblica che chiamiamo utilità sociale.

4.1. M. sociale o pubblico.
Il m. sociale o pubblico è definibile come la gestione degli scambi diretti a realizzare l’utilità di un gruppo sociale di riferimento attraverso la soddisfazione totale o parziale di bisogni propri della comunità. Ed è appena il caso di ricordare che ogni e qualsiasi gruppo sociale è portatore di bisogni e di interessi che gli sono propri e che non sempre e non necessariamente coincidono con quelli dei singoli componenti. In termini di soddisfazione dei primi e di tutela dei secondi, il gruppo si pone come ‘individuo’ e dunque può trovarsi in conflitto con tutti o parte di coloro che lo compongono. In questa ipotesi, il gruppo tende a distinguere tra interessi coincidenti, interessi solo in parte coincidenti, interessi in contrasto. Naturalmente, nella prima ipotesi il singolo portatore di interessi si vede pienamente tutelato da una comunità che tutela se stessa; nella seconda ipotesi, il singolo vedrà sacrificata una parte di essi; nella terza ipotesi, il singolo si trova in rotta di collisione con il gruppo e, almeno in teoria, gli interessi di cui è portatore non soltanto non vengono tutelati, ma possono e in genere sono sacrificati.
Il gruppo, dunque, gestisce gli scambi tra se stesso e i suoi componenti e dunque fa m. che, per avere la finalità di perseguire un’utilità definibile come ‘pubblica’, è a sua volta qualificabile come tale o, se si preferisce, come ‘sociale’. (Marketing sociale e religioso)

5. I mezzi di m.

Intendendo per ‘mezzi’ tutto ciò di cui il m. si serve per la realizzazione della causa che gli è propria, pare evidente che sono da considerarsi tali in via generale e primaria: la produzione; la distribuzione; la comunicazione; il pricing, per quel tipo di transazioni che lo comprende.
Inoltre, vanno considerati mezzi di m. tutte le attività, i beni e i servizi i quali a loro volta contribuiscono a produrre i mezzi principali sopra elencati.

5.1. Le ricerche di m.
Tra questi mezzi sono di grande rilevanza le ricerche di m. Tanto importanti che c’è chi ne fa l’elemento costitutivo di tutta la gestione delle transazioni.

5.2. Telemarketing.
Appartiene alla categoria ‘mezzi’ o ‘modi’ la specie costituita dal ‘telemarketing’. Il termine oggi in Italia indica la vendita effettuata attraverso mezzi telematici. In qualche modo coincide con il concetto di televendita. In un certo senso, è una ulteriore riprova di quanto malamente il concetto di m. sia vissuto nella realtà economica del nostro Paese.

6. M. e organizzazione

Un accenno soltanto a un tema estremamente complesso: l’organizzazione d’impresa e l’organizzazione in genere possono (dovrebbero, devono) avvalersi degli strumenti di m. per realizzare la propria esistenza alla luce dei fondamentali criteri di efficienza e di efficacia. Poiché in fondo l’organizzazione consiste nella individuazione delle competenze che fanno capo agli uffici, ai servizi, alle direzioni e delle procedure che ne consentono l’attuazione nel modo più congruo al raggiungimento degli obiettivi, appare evidente come la pianificazione generale di gestione (di m.) e le singole pianificazioni settoriali, che la compongono, possano costituire il punto di riferimento più affidabile per strutturare così una impresa come un gruppo sociale (e dunque anche un Comune, una Provincia, una Regione, uno Stato).

6.1. M. e politica.
Quest’ultima considerazione ci costringe a un accenno ai rapporti tra m. e politica, oggi inquinati sia da una scorretta conoscenza del m. sia da una quanto meno discutibile definizione della politica. La quale ultima non è ‘l’arte del possibile’: non è arte perché sarebbe improvvisazione e, dunque, la negazione così delle attività di indirizzo come di quelle di gestione e amministrazione. La politica è la gestione della cosa pubblica diretta al soddisfacimento di bisogni pubblici, assunti come tali dalla comunità di riferimento. La politica quindi da un lato è essa stessa m., poiché è gestione degli scambi aventi per obiettivo la soddisfazione di bisogni pubblici; dall’altro, è anch’essa un prodotto in quanto risultato dell’ordinamento di risorse al fine del raggiungimento di un obiettivo costituito dalla indicazione (in senso lato) delle idee e dei fatti di gestione. E in quanto prodotto, anche la politica deve essere adatta allo scambio e dunque utile, conosciuta e apprensibile.

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Note

Come citare questa voce
Di Stefano Paolo , Marketing, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (28/03/2024).
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