Merton Robert K.

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Robert K. Merton
Nato nel 1910, conosciuto per lo pseudonimo e non per il suo nome originale (Meyer R. Scholnick), muore nel 2003. È uno dei maggiori sociologi americani. Esponente e insieme critico dall’interno del funzionalismo, tende a superarne gli assunti teorici (unità funzionale, funzionalismo universale, indispensabilità funzionale) in quanto "postulati", "articoli di fede", "verità date per scontate". Il suo obiettivo è piuttosto quello di rendere l’analisi funzionale capace di spiegare anche gli aspetti dinamici, i mutamenti della società. Questa interpretazione è rispecchiata dal carattere stesso della sua produzione che si articola in una diversificata gamma di studi e saggi, peraltro sottesi da un "sistema coerente di pensiero" (Sztompka, 1986). Tali contributi sono raccolti in due opere principali: The sociology of science. Theoretical and empirical investigations, 2 voll., University of Chicago Press, Chicago 1973 (ed. orig. 1937 sgg.); Teoria e struttura sociale, 3 voll., il Mulino, Bologna 1971 (ed. orig. 1949).
M. respinge sia l’idea di una sociologia costruita su schemi astratti (la "grande teorizzazione" di Mills) sia l’idea di una sociologia che colleziona fatti mediante analisi empiriche. Propone "teorie a medio raggio" che guidano la ricerca empirica, trattano "aspetti circoscritti dei fenomeni sociali" e comportano un lavoro di astrazione che, in quanto vicino ai dati, può confluire in "proposizioni verificabili". Dopo aver criticato anche Parsons sui "prerequisiti funzionali", sostiene la necessità di discernere, in ogni gruppo o società, tra elementi eu-funzionali, dis-funzionali e a-funzionali. Si distacca dal funzionalismo interessandosi a quanto è nascosto, profondo, nella realtà: distingue in proposito le funzioni manifeste (volute e riconosciute nel comportamento personale, sociale o culturale) dalle funzioni latenti (non volute, in molti casi non riconosciute, ma con possibili effetti oggettivi). Collegata è la tematica delle conseguenze non previste dell’azione intenzionale che, affrontata per la prima volta da M. nel 1936, è diventata fulcro di una corrente della sociologia contemporanea (Boudon, 1981). Altro tema che lo distacca dal funzionalismo classico è quello dell’anomia: riaffermata la posizione di Durkheim (che la considerava non atteggiamento individuale ma situazione sociale), lo sviluppa nell’ambito del "comportamento deviante" legandone il verificarsi alla "mancata congruità fra struttura sociale, che definisce le mete da perseguire, e le norme alle quali ci si deve conformare".
Le "teorie a medio raggio" sono applicate da M. in diversi campi. Con maggiore attenzione si occupa di communication research intervenendo nel dibattito degli anni Quaranta che poneva sul banco degli imputati i sociologi delle comunicazioni di massa, soprattutto americani. Questi, troppo condizionati dalle esigenze della committenza, moltiplicavano le ricerche empiriche (singoli segmenti del processo, punti circoscritti, finalizzazioni di audience e/o propaganda) sacrificando il quadro teorico d’insieme. Si ricordano fra l’altro le critiche di Lynd ("iperempirismo"), Sorokin ("quantofrenia") e la querelle tra Lazarsfeld e Adorno, il primo militante nella "ricerca amministrativa" (di utilità immediata per le aziende mediali: radio, giornali, cinema, ecc.) e il secondo più orientato alla "ricerca critica" (Blumler, 1979).
Secondo M. la sociologia della conoscenza europea studia in prevalenza i processi di pensiero e i condizionamenti sociali che alimentano le ‘idee’, trascurando un adeguato supporto di dati per arrivare alle conclusioni. Al contrario, la sociologia delle comunicazioni di massa americana analizza l’influenza dei media, con riferimento alla formazione e al mutamento delle opinioni (opinione pubblica), applicando metodologie e tecniche di ricerca non sempre legate da una linea teorica. "La corrente europea, con le sue grandi ambizioni, quasi disdegna di dimostrare l’esistenza degli stessi fatti che si propone di spiegare (...). La corrente americana, con la sua visione ristretta, pone talmente l’accento sulla determinazione dei fatti che solo occasionalmente considera la loro rilevanza teorica". Ieratico: "l’europeo immagina, l’americano osserva" (Merton, 1949).

Bibliografia

  • BLUMLER Jay G., Gli obiettivi della ricerca sulla comunicazione di massa: una prospettiva transatlantica in «Problemi dell'informazione», 4 (1979) 2.
  • BOUDON Raymond, Effetti, Feltrinelli, Milano 1981.
  • LOSITO Gianni, La communication research in Id., Il potere dei media, Carocci, Roma 1999.
  • MONGARDINI Carlo - TABBONI Simonetta (edd.), Il posto di R. K. Merton nella sociologia contemporanea, Ecig, Genova 1989.
  • SZTOMPKA Piotr, Robert K. Merton. An intellectual profile, MacMillan, London 1986.

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Note

Come citare questa voce
Gagliardi Carlo , Merton Robert K., in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/03/2024).
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